Page 419 - L'Italia in Guerra. Il sesto anno 1945 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1945-1995)
P. 419
LA RICOSTRUZIONE DELLA DIPLOMAZ IA 411
terialmente arrivare a Brindisi. E si trattò di una scelta effettuata perso-
nalmente dal Re o da Badoglio, forse su indicazione del generale Castel-
lano o dello stesso Venturini, probabilmente perché Prunas aveva indiret-
tamente conosciuto il negoziato d'armistizio che s'era svolto, come è noto,
in parte anche a Lisbona.
Il successivo trasferimento del governo a Salerno (lO febbraio 1944)
lasciò la situazione invariata. Il ministero degli Esteri si identificava con
il segretario generale, e il suo ufficio con il gruppo dei funzionari, lieve-
mente allargato da successivi arrivi di altri che passarono la linea del fron-
te. Si dovette attendere il ritorno a Roma (15 luglio 1944) per rioccupare
la sede di Palazzo Chigi e per ricostituire una struttura più articolata an-
che se il centro dell'attività rimase l'ufficio del segretario generale fino al-
l' ottobre 1946.
La vicenda delle rappresentanze all'estero fu ugualmente tra vagliata.
È da dire anzitutto che lo stato di guerra le aveva drasticamente ridotte.
Nel 1943 erano operative le ambasciate e legazioni nei paesi alleati e quelle
nei paesi neutrali. Le prime cessarono la loro attività con l'esecuzione del-
le istruzioni contenute nel telegramma 136 con il quale si annunziava
l'avvenuta richiesta dell'armistizio spiegando le ragioni che l'avevano de-
terminata. Solo a Bucarest, Sofia ed Helsinki il personale diplomatico po-
té restare al suo posto, sia pure in condizioni di isolamento, ma senza aderire
alla costituenda Repubblica Sociale. Nelle altre capitali alleate dove pure
questa adesione mancò, e furono la maggioranza, il personale subì conse-
guenze gravi, fino al caso di Tokio dove fu addirittura imprigionato. Le
rappresentanze nei paesi neutrali, che erano poche - due ambasciate, Ma-
drid e Ankara e cinque legazioni, Dublino, Stoccolma, Berna, Lisbona e
Kabul -, rimasero funzionanti e obbedienti al governo del Re, insieme
all'ambasciata a Buenos Aires, retta da tempo da un incaricato d'affari.
Non erano però in grado di operare perché, in base alle clausole di resa,
il governo poteva comunicare con loro solo in chiaro e attraverso la Com-
missione alleata di controllo. Né la situazione mutò quando furono stabi-
lite relazioni ufficiali con l'Unione Sovietica e Pietro Quaroni fu trasferito
da Kabul a Mosca. Le comunicazioni, sempre naturalmente in chiaro, av-
venivano attraverso la rappresentanza sovietica in Italia almeno fino al
settembre 1944. Poi anche questo canale autonomo, se non libero, fu chiuso
e la Commissione alleata riprese intero il controllo sul flusso delle comu-
nicazioni. Questa situazione durò fino al 1945, nonostante la riapertura
negli ultimi mesi del 1944 delle ambasciate a Washington, Londra e Parigi
..
III-VOLUME-SESTO-anno.indd 411 22/03/16 09:51