Page 420 - L'Italia in Guerra. Il sesto anno 1945 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1945-1995)
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dove furono inviati come rappresentanti politici Tarchiani, Carandini e
Saragat, solo il primo con il titolo di ambasciatore. Con la fine della guer-
ra fu possibile ampliare la rete diplomatica e cessarono le limitazioni nelle
comunicazioni. Tutte le sedi principali, eccetto Mosca, dove rimase Qua-
coni, furono coperte da capi-missione non diplomatici, ma di nomina po-
litica. Nonostante ciò, fino alla firma del trattato di pace, essi poterono
fare ben poco poichè il loro peso, come scrisse anche per se stesso Quaro-
ni ancora nel 1946, era uguale a zero.
Una descrizione fedele delle traversie occorse alle rappresentanze al-
l' estero e del poco che la diplomazia poté fare in sede si trova nel volume
Il Ministero degli Affari Esteri. Governo e diplomazia al servizio del popolo ita-
liano, apparso nel 1948 a cura dell'allora sottosegretario Giuseppe Brusa-
sca ma in effetti preparato da Mario Toscano, "alle cui cure - dice la
dedica sulla copia conservata nella biblioteca del professore - più che alle
mie è dovuta questa pubblicazione".
Oltre che in questo volume, arricchito nella seconda edizione del 1949,
le vicende della diplomazia italiana in sede e all'estero nel periodo 1943-46
hanno un'ampia testimonianza nei primi quattro volumi della serie deci-
ma dei Documenti Diplomatici Italiani editi dalla Commissione a questo sco-
po funzionante presso il ministero degli Esteri.
Questi volumi consentono inoltre di verificare se i diplomatici fece-
ro anche, come dice Gaja, diplomazia, ossia se "pensarono" una politica
estera almeno fino a quando non si ristabilì una situazione di normalità.
La risposta che emerge dalla documentazione pubblicata è negativa. Furo-
no buoni collaboratori al centro e, per quanto possibile, all'estero, ma non
fecero la politica estera italiana. Cominciando dall'estero, si deve dire che,
nei contatti con i quattro paesi vincitori - gli unici che contavano - gli
ambasciatori provenienti dalla politica, nonostante avessero da spendere
il loro passato antifascista, non riuscirono a fornire un contributo sostan-
ziale alla politica estera del paese. È vero che poco potevano fare nei paesi
in cui erano accreditati non trovando ascolto nei loro interlocutori, ma
da ciò non trassero la conclusione cui pervenne da Mosca Quaroni, il quale,
rendendosi conto dell'inanità dei suoi sforzi, avvertì chiaramente il gover-
no che si seguivano idee sbagliate e non si comprendeva la realtà interna-
zionale del momento e il possibile ambito d'azione per il paese.(3) Gli altri
(3) Merita di essere ricordato almeno un brano dei suoi molti significativi rapporti. Ci-
to da quello del 5 gennaio 1946: "Noi abbiamo cercato, giustamente, di preparare
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