Page 58 - Dalla Battaglia d'arresto alla Vittoria - La storia e le emozioni attraverso le testimonianze dei protagonisti
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                     Le statue dei cavalieri settecenteschi, dai tetti patrizi, guardavano le inse-
                  gne delle vecchie farmacie, le bacheche dei negozianti, l’imbocco di qualche
                  vicolo: e se l’antenna veneziana, non più gonfia del gonfalone, tremava tutta,
                  al transito folle degli autocarri moderni, i cavalieri parevano squillar risa, nel
                  pieno sole: «Anche per te è finita la gloria, o Venezia!».
                     Buoi morti, cavalli agonizzanti giacciono sul lastricato della città.
                     I soldati hanno trainato le bestie fino al ponte e, giunti, le abbandonano nel-
                  la loro agonia. Senza rammarico. Questa è la sorte di chi non può continuare.
                  Un deposito di benzina, fatto saltare da poco, ha seminato sui tetti della città,
                  nelle strade, negli argini del fiume, a centinaia, i suoi recipienti lattei: che, nel
                  primo sole, sembrano una corrusca guarnizione terrestre.
                     Ed ecco il ponte. Si affolla, sugli argini fangosi, una moltitudine delirante.
                  Tutti vorrebbero passare, prima degli altri, per superare di corsa lo spazio bre-
                  ve che li separa dalla terra ferma, che è al di là. La massicciata è già sconvolta
                  dagli scavi del genio, che ha preparato le mine.
                     Piangono le donne, strillano i bimbi; ma ogni senso di cavalleria e di uma-
                  nità pare scomparso. Prevale l’istinto di conservazione. Invano, gli ufficiali,
                  con il frustino, colla rivoltella, con rami d’albero, divelti per via, si sforzano
                  a trattenere la folla torbida e brancolante. Lo strepito è assordante. Un gruppo
                  di conducenti tenta di spingere i propri muli oltre i carreggi di una batteria da
                  campagna; ma gli artiglieri, a colpi di frusta, fanno indietreggiare la prepoten-
                  te masnada.
                     Il Tagliamento è giallo, limaccioso, gonfio d’acqua e di rifiuti. E corre ver-
                  so la foce, strappando alle ripe ciuffi d’ erba e terra smottata.
                     Il giorno si affaccia: soleggiato, terso, quasi estivo. Lo, spettacolo, nella
                  chiara mattina, è macabro. All’imbocco del ponte, pare che sia stata compiuta,
                  durante l’intera notte, una selezione feroce. Tutto, che poteva ingombrare, o
                  nuocere, o non riuscire, con certezza, utile, è stato abbandonato. Due cavalli,
                  stretti ancora al collo dalle briglie, agonizzano. I fanti, che devono difendere,
                  fino all’ultimo, la testa di ponte, dormono a poca distanza dalle bestie mo-
                  ribonde: e lo strozzato ritornello agonico delle due gole, pare che ne culli,
                  dolcemente, il sonno peso e pieno.
                     Un lontano rumore d’elica fa sollevare lo sguardo ai fuggiaschi. Scende
                  dal nord un aeroplano tedesco e viene verso Latisana. Se il nemico ha nella
                  carlinga un buon carico di bombe e riesce a scaricarle a dovere, quanti potran-
                  no morire? Io penso a quelle donne ed a quei bimbi che strillano: e mi faccio
                  piccolo, per loro.
                     Qualche cannone da campagna apre il fuoco, una mitragliatrice svolge i
                  suoi nastri mortali: ma l’aeroplano continua la sua corsa, virando quando le
                  nuvolette di shrapnel tentano chiudergli il cammino.
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