Page 69 - Dalla Battaglia d'arresto alla Vittoria - La storia e le emozioni attraverso le testimonianze dei protagonisti
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1917. La rotta di Caporetto, L’inCreduLità e L’angosCia  67

                    nelle nostre braccia. Il giovane sottotenente Carlo Daccò cadde in combatti-
                    mento il 14 novembre 1917. L’importanza di quelle giornate fu ricordata anni
                    dopo anche da Giovanni Comisso, ufficiale del Genio addetto alle trasmissioni
                    telefoniche, su Il Gazzettino, del 22 luglio 1965: «Quando nell’autunno del
                    1917 il nostro esercito ripiegò dalle Alpi, trovò in questa conca valido appog-
                    gio a ostacolare la discesa degli austriaci nella pianura. Insistenti furono gli
                    attacchi, perché i nemici sapevano che era come il cardine di una porta e per
                    arrivare al Po bisognava togliere e superare quell’ostacolo. L’annuncio della
                    nostra prima resistenza tra queste montagne, dato dal bollettino, ravvivò di
                    gioia il nostro generale che dal giorno di Caporetto era stato assopito come
                    da un male profondo. Eravamo a Treviso, sistemati nell’albergo della Stella
                    d’Oro e subito si ebbe la certezza che non avremmo ripiegato più».

                                                       ]



                    daL frOnte, 1° nOvembre 1917


                        Carissimi Genitori,
                        ho ricevuto stamattina la lettera di mamma e mi ha commosso. Oggi
                        siamo ancora in uno stato d’animo che può provare delle commo-
                        zioni è una fortuna che svanirà presto anch’essa.
                        Noi dobbiamo ripiegare. Che orrore! Questa linea che era sufficien-
                        temente forte si sfascia, retrocede.

                        Gli austriaci avanzeranno senza colpo ferire. Finché si vive si spe-
                        ra. Io spero ancora.
                        Abbiamo mutato posizione e siamo oggi in un’altra avanzata a di-
                        stanza da quella di 40 chilometri. Abbiamo fatto marce faticosissi-
                        me nel fango; ieri i muli stramazzavano a terra coi carichi: Siamo
                        arrivati a 1600 metri fra la neve alta un metro, dove non v’erano
                        baracche.
                        Abbiamo costruito un buco per ripararci e così si campa. I pezzi
                        sono puntati e si attendono ordini. Eppure qui c’è tanta energia; in
                        noi, noi soldati, nei nostri cuori, nelle nostre braccia. E se non fosse
                        il pensiero grave di quest’ora tragicamente fatale, si riderebbe, si
                        schiamazzerebbe allegramente. Invece, che tristezza!


                                   Carlo Daccò, Lettere di combattenti italiani nella Grande Guerra,
                                  a cura di Antonio Monti, Roma, Edizioni Roma, 1935, vol. I, p.124.
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