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IntroduzIone - nota storIca 17
postazione fissa, dei soli cannoni che in tutta l’isola fossero in grado di colpire
le navi al largo; la loro efficienza era però limitata al fronte a mare, mentre
debole era la difesa del fronte a terra. L’organizzazione logistica territoriale
era inadeguata in quanto i depositi erano sistemati quasi totalmente nella parte
occidentale dell’isola, poiché originariamente destinati a rifornire le truppe in
Africa; ciò comportava un impegno eccessivo per i pochi mezzi di trasporto
disponibili che in caso di impiego dovevano servire per motorizzare i reparti
operativi. In campo aereo gli alleati avevano già da tempo il dominio presso-
ché completo. L’artiglieria c/a invece risultava ben organizzata, e, con un forte
contingente soprattutto tedesco, assicurava la protezione delle vie di riforni-
mento attraverso lo stretto. Per la marina la flotta si trovava a La Spezia con
equipaggi ridotti, priva dei moderni radar, a corto di carburante e ad almeno
24 h. di navigazione dalle spiagge siciliane.
I rapporti con i comandi germanici, almeno per la condotta della 1^ fase delle
operazioni, furono improntati alla massima collaborazione, anche se la man-
canza di uno Stato Maggiore combinato (come da parte alleata) inficiò in vasta
misura il risultato; mancò una chiara guida delle operazioni rendendo difficile
se non impossibile conseguire gli intenti previsti.
a
Il disegno operativo della difesa. Il comando della 6 Armata fu tenuto fino
al marzo del ’43 dal generale Rosi, quindi dal generale Roatta, che lo cedette
nel giugno al generale Guzzoni. In meno di 4 mesi il comando passò per le
mani di 3 comandanti. Nessuno dei tre era, ovviamente, soddisfatto della si-
tuazione difensiva e, malgrado le richieste di armi, personale e materiali, ben
poco fu ottenuto. Lo stesso Roatta in una riunione tenutasi a Roma nel maggio
’43 aveva chiaramente delineatato la situazione in caso di sbarco in Sicilia,
dicendo che “avremmo potuto fare un’onorevola resistenza” ma senza nes-
suna possibilità di ricacciare il nemico. Lo Stesso Guzzoni si persuase che di
fronte alla schiacciante superiorità avversaria, avrebbe potuto con la manovra,
solo ritardare la caduta dell’isola, ma non impedirla. In tal senso strutturò il
suo piano operativo mettendo in atto difese leggere sulle spiagge e facendo
affidamento su ben coordinati contrattacchi da sferrare con formazioni mobili
dislocate nell’entroterra in posizione centrale, pronte ad intervenire non ap-
pena la posizione e l’entità dello sbarco fossero state stabilite effettivamente
dalle unità costiere. Egli, infatti, intendeva contenere la testa di sbarco con
le divisioni “Napoli” e “Livorno”, le uniche 2 divisioni italiane di maggior
mobilità e di potenzialità offensive, e contrattaccare il nemico, là dove le pro-
babilità di successo fossero maggiori. Contro questo piano, però, militavano,
da parte tedesca, due considerazioni: la prima basata sulla teoria che quando
un avversario è in procinto di sbarcare deve essere respinto con tutti i mezzi a
disposizione nel momento in cui è più debole, quando, cioè, i mezzi da sbarco