Page 57 - I 100 anni dell'elmetto italiano 1915-2015 - Storia del copricapo nazionale da combattimento
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PRIMA GUERRA MONDIALE                                      57









































                                Fanti del 119° reggimento, brigata Emilia con elmetti modello 15-16

               Il prezzo rimase anche qui di 6,20 lire cadauno. Nonostante non sia nota la qualifica di stabi-
               limento ausiliario alla Mobilitazione industriale, anche Smalteria Italiana ebbe la facoltà di
               avvantaggiarsi nell’approvvigionamento della lamina d’acciaio occorrente, grazie alle facilita-
               zioni dell’Amministrazione militare. 92

                  Secondo il capitolato d’appalto, stipulato il 28 maggio 1916, il manufatto commissionato
               aveva notevoli differenze con quello originario transalpino, nonostante il nome con cui veniva
               identificato. Il proposito era proprio quello di rendere più resistente il tutto ed evitare le fre-
               quenti frammentazioni laterali dello stesso copricapo. Il cosiddetto modello 16 era stampato e
               costruito infatti in soli due pezzi: la calotta nella sua integrità e il crestino, che – saldato elet-
               tricamente – andava a coprire il foro d’aerazione cupolare. La parte frontale mancava, come
               nella precedente versione transizionale 15-16, dei fori per il fregio. Per questo nessun distintivo,
               almeno all’inizio, era presente.
                  La calotta del 16 era poi più svasata rispetto all’originale Adrian, mentre i due lati della
               falda, nel punto di congiunzione tra la visiera ed il coprinuca, divennero meno inclinati verso
               il basso e leggermente più lunghi. Ciò avrebbe dato una pendenza meno accentuata e più piana
               alla visiera. L’orlo di rinforzo, del coprinuca e della visiera, invece risulterà più spesso rispetto
               a quello originale. Inoltre, nel modello italiano, si noterà l’assenza della nervatura, alla base
               della cupola; mentre il crestino, visto in pianta, risultava lungo i bordi più sfaccettato rispetto a
               quello dell’Adrian 15. 93
                  Nonostante i propositi, il risultato non fu affatto migliore di quello transalpino. Le minori



               92  Ivi, f. 1912.
               93  A. Viotti, Uniformi e distintivi dell’Esercito italiano fra le due guerre 1918-1935, op. cit., tomo I, p. 17.
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