Page 96 - I 100 anni dell'elmetto italiano 1915-2015 - Storia del copricapo nazionale da combattimento
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96 I 100 ANNI DELL’ELMETTO ITALIANO 1915 - 2015
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a precisare anche loro: «l’elmetto, deve considerarsi come oggetto d’armamento». A quel
punto il generale Giardino precisò:
«Circa l’elmetto, propose che abbia caratteristica d’oggetto d’armamento, e che sia fatto
indossare soltanto quando è proprio necessario. Esprime anzi il parere di lasciarlo, appunto
in quanto è oggetto di armamento, essenzialmente come dotazione di guerra dei depositi, da
usarsi, per altro, in alcune esercitazioni di campagna. Ad ogni modo, dichiara di non essere
contrario all’eventuale adozione dell’elmetto nei servizi d’ordine pubblico.
Il Consiglio approva, precisando che l’elmetto deve essere indossato di massima nei servizi
d’ordine pubblico, ed in tutti i servizi per i quali venga prescritta l’uniforme di combattimen-
to». 167
A proposito poi del ritorno ai fregi dipinti, Diaz fece presente che «i fregi metallici incon-
trano molto favore e come altresì, essendo oggi tutti gli elmetti in distribuzione forati, bisogne-
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rebbe attendere la loro consumazione prima di procedere all’adozione di nuovi fregi dipinti».
Giardino «è contrario alla dipintura dei fregi, che costa forse più dei fregi metallici e richiede
più tempo. Trova invece assai pratici quelli metallici che possono essere attaccati all’elmet-
to dagli stessi soldati, il che facilita la distribuzione degli elmetti in caso di mobilitazione».
Diaz «concorda. Egli pure nota che il fregio metallico, oltre ad essere preferibile per l’estetica,
permette anche più facilmente il cambio, cosa assai difficile con quello dipinto». Il generale
Giuseppe Vaccari, allora capo di Stato Maggiore dell’Esercito, «informa che ogni centro di
mobilitazione ha già la dotazione d’elmetti che gli sono necessari e che quindi l’adottare i fregi
dipinti non porterebbe, per questo lato, difficoltà all’atto della mobilitazione. Riconosce però,
anch’egli come questi ultimi siano di difficile conservazione». Badoglio, «in considerazione
che la dipintura dei fregi presenta inconvenienti e non permette, fra l’altro, la permutabilità
degli elmetti, propone l’adozione di un fregio unico per tutti, in analogia di quanto ha fatto la
Francia nella passata guerra». Grazioli «osserva, però, come sia necessario per noi un distintivo
di reggimento o corpo sull’elmetto, necessità che l’esercito francese non aveva dal momento
che il numero del corpo viene portato sul bavero». Replicò Badoglio, proponendo «allora di
sospendere la discussione sul fregio dell’elmetto per vedere prima se, dall’esame dei distintivi
della giubba, risulterà necessario avere anche un distintivo di reggimento o corpo sull’elmetto».
La proposta di Badoglio risultò approvata. Contestualmente venne invece bocciata la possibilità
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di apporre l’aigrette sugli elmetti, che – come invece vedremo – avrà vita molto lunga.
Nel frattempo un referendum tra i grandi Comandi, indetto sulla preferenza del copricapo
da adottare, vide un certo interesse verso il modello alleggerito dell’elmetto. Tuttavia esso, se-
condo un’apposita relazione presentata al Consiglio dell’Esercito, venne confermato alla prova
dei fatti di scarsa resistenza e dal costo elevato. Non se ne sarebbe quindi più parlato come
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dotazione ufficiale, ma solo privata per i militari di carriera più abbienti, da reperire tramite le
forniture commerciali o artigianali.
166 Ibidem, p. 181.
167 Ibidem, p. 182.
168 Ibidem, p. 182.
169 Ibidem, p. 183.
170 Allegato n. 11 alla 60ª seduta, in ibidem, p. 171.

