Page 13 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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LE CAMPAGNE D’AMERICA 1836 - 1848 11
tà di Giuseppe Garibaldi quale improvvisato, ma subito eccezionale, condot-
tiero, nella ininterrotta varietà di situazioni e di teatri d’azione, nella quale
egli si trovò a combattere. E poiché l’arte sua rifulge specialmente nel campo
esecutivo, nello sviluppo, cioè, di alcuni mirabili episodi di guerra marittima
o terrestre, collegati tra di loro da un filo conduttore soltanto quando egli si
trovò (come nel secondo periodo) ad avere assolute ed effettive responsabili-
tà e indipendenza di comando, così noi ci limiteremo a fare come si fa quan-
do si vuol penetrare meglio la personalità di un grande artista: mostrarne cioè
alcuni dei più espressivi bozzetti schizzati dalla sua mano nel fervore stesso
della prima ispirazione, il che vale talvolta assai più che non una sistematica
e completa esposizione di quadri finiti.
Noi dunque accenneremo brevemente soltanto ai più significativi fra i tan-
ti fatti d’arme ai quali egli partecipò in America e intorno a ciascuno di essi
ci soffermeremo quel tanto che valga a far meglio risaltare, con poche parole
di commento, il temperamento artistico del condottiero e il suo personale sti-
le di comando.
Garibaldi ebbe sul mare il battesimo del fuoco, appena pochi giorni dopo
di aver iniziato con singolare fortuna la sua audacissima guerra di corsa con-
tro le navi brasiliane sulle coste oceaniche e nel grande estuario del Plata. E
lo ebbe in un combattimento navale, breve ma violento, fra la sua modesta
sumaca (specie di goletta) con soli dodici uomini di equipaggio e due grossi e
bene armati lancioni nemici che gli si erano gettati addosso per abbordarlo.
À tout seigneur tout honneur, quest’uomo, che doveva uscir quasi sempre ille-
so da mille pugne (tanto che sorse la leggenda che le palle si fermassero fra le
pieghe del suo poncho), in questo primo scontro fra i frangenti perigliosi del-
le coste uruguayane, poco mancò non restasse ucciso per una tremenda feri-
ta d’arma da fuoco al collo, toccata mentre aveva preso il posto del timonie-
re caduto pochi istanti prima. Perché, fin da questo primo incontro col ne-
mico, egli dimostrò di saper esser tutto: capitano, gabbiere, timoniere, stre-
nuo combattente e affascinante animatore di quella piccola mano di gente
d’ogni paese e d’ogni colore che il caso aveva posto sotto il suo comando. E
fin da quel primo modestissimo fatto d’armi, egli rivela subito l’indole emi-
nentemente aggressiva del suo carattere; quella stessa che sempre lo guiderà
poi nelle più aspre vicende della sua vita di guerra e che gli detterà, verso il
termine di essa, il noto ammonimento al figlio Menotti, che resta come uno