Page 20 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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                   uno dei lancioni, quello comandato da lui stesso, naufragò. In questa dura
                   circostanza apparvero nuovamente in tutta la loro luce le eccezionali qualità
                   marinaresche dell’eroe nizzardo, ma soprattutto il suo impavido coraggio e la
                   sua magnifica generosità d’animo.
                      Comandante energico e risoluto nell’azione e capace di pretendere e di ot-
                   tenere dalla sua gente sforzi sovrumani e fino al sacrificio della vita, egli ap-
                   partiene tuttavia alla schiera fortunata di quei capi che intendono il coman-
                   do soprattutto come una suprema gioia, in quanto è allietato dall’affetto re-
                   ciproco che sale e discende lungo la scala di dipendenze gerarchiche. Egli è
                   immune dallo scettico orgoglio, non raro anche in condottieri famosi, per i
                   quali gli uomini sono quantità aritmetiche da usare in quanto servono alla bi-
                   sogna e basta; o burattini da gettar via dopo che hanno recitato bene la loro
                   parte nella commedia. Egli ama, adora i suoi dipendenti e i suoi fratelli d’ar-
                   me e quando, come nel terribile naufragio testè accennato, ne scorge taluno
                   in grave pericolo, non esita a esporre bravamente la sua vita stessa per salvar-
                   lo e si dispera allorchè il destino crudele gli ostacola il compimento dell’atto
                   magnanimo, perchè da perfetto psicologo quale è, e da comandante di gran
                   cuore, sa che ogni gregario, educato alla sua scuola, rappresenta per lui un te-
                   soro insostituibile di forza, di energia, di illimitata ed eroica devozione.
                      Ben sedici furono i morti in quella sciagura, fra cui quasi tutti gli Italiani
                   dell’equipaggio. L’eroismo di Garibaldi, gettandosi invano in acqua per salva-
                   re, con pericolo grandissimo della propria vita, Luigi Carniglia ed Edoardo
                   Mutru, suoi prediletti collaboratori, è tale un atto di sublime abnegazione da
                   sentirsene trascinati, leggendo specialmente la commovente descrizione che
                   del fatto dà Alessandro Dumas nella sua brillante narrazione della vita dell’Eroe.


                      Un mese dopo, la città di Laguna, sorpresa dal corpo di spedizione rio-
                   grandese, si arrese, e gli imperiali, ritirandosi, lasciarono in porto tre piccoli
                   legni da guerra, che vennero subito a ricostituire e ad aumentare la flottiglia
                   di Garibaldi. Fra essi la goletta Itaparica da 7 pezzi di cannone, di cui Gari-
                   baldi prese subito il comando. Fu durante questo periodo di sosta delle ope-
                   razioni nella conquistata Laguna, e cioè nell’autunno del 1839, che fiorì l’i-
                   dillio d’amore fra Garibaldi e Anita, la quale, da allora, fu sempre a fianco di
                   Garibaldi e condivise bravamente con lui le aspre vicende guerresche che se-
                   guirono.
                      Per tutto il resto dell’anno 1839 i Riograndesi, facendo base ormai delle
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