Page 24 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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eroico e di poesia che fin dal principio aveva assunto la sua bella figura di sol-
dato, esule e proscritto, libero combattente per un ideale di giustizia e di
umanità, acquista poi ora luce più viva dalla presenza, al suo fianco, di una
eroina degna in tutto del nobile cuore dell’uomo, che, in un impeto di pas-
sione, l’ha scelta per compagna della sua vita.
Questo accenno alla fedele Anita, è giusto e doveroso pure in queste pagi-
ne che vogliono austeramente esaltare le belle qualità di Garibaldi come con-
dottiero; perché, in realtà, il prestigio di lui, come tale, trasse nuovo e più vi-
goroso impulso dallo straordinario valore di quella donna che seppe essere a
un tempo sposa e madre impareggiabile e animatrice ammirevole negli aspri
cimenti cui si trovò coinvolta col suo sposo adorato. Il fascino che questa don-
na aveva su di lui, era d’altronde un nuovo potente stimolo a una più comple-
ta estrinsecazione delle belle qualità guerriere dell’Eroe, quali andavansi matu-
rando ed affinando in quella strana guerra dinamica e avventurosa. Scrivendo
infatti più tardi le sue memorie, l’Eroe, giunto appunto, nella narrazione del-
le sue vicende, alla ritirata da Laguna, esce in questo nostalgico ricordo, che ri-
vela intero il suo romantico temperamento guerriero e il vincolo di tenera am-
mirazione che lo legava all’eroica compagna delle sue battaglie:
«Tra le peripezie non poche della mia vita procellosa, io non ho mancato
d’avere bei momenti; e tale, abbenché sembri avrebbe dovuto essere il contra-
rio, era quello in cui alla testa di pochi uomini, avanzo di molte pugne, e che
giustamente avevano meritato il titolo di valorosi, io marciavo a cavallo con
accanto la donna del mio cuore, degna dell’universale ammirazione, e lan-
ciandomi in una carriera che, più ancora di quella del mare, aveva per me at-
trattive immense. E che m’importava il non aver altre vesti che quelle che mi
coprivano il corpo, e di servire una povera Repubblica che a nessuno poteva
dare un soldo?
«Io avevo una sciabola ed una carabina, che portavo attraversata sul davan-
ti della sella. La mia Anita era il mio tesoro, non men fervida di me per la sa-
crosanta causa dei popoli e per una vita avventurosa. Essa si era figurate le
battaglie come un trastullo e i disagi della vita del campo come un passatem-
po; quindi, comunque andasse, l’avvenire ci sorrideva fortunato, e più selvag-
gi si presentavano gli spaziosi americani deserti, più dilettevoli e più belli ci
pareano. Poi sembravami d’aver fatto il mio dovere nelle diverse e pericolose
fazioni di guerra in cui mi era trovato e d’aver meritata la stima dei bellicosi
figli del continente». Bel romanzo d’amore e d’eroismo iniziatosi così fra quei

