Page 306 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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                   delle viti; l’incendio durò fin oltre alla mezzanotte. Gli assediati, impotenti a
                   spegnerlo per mancanza di fontane entro la città, provvedono a barricarsi
                   dentro l’abitato, per una estrema resistenza, all’altezza degli sbocchi delle vie
                   Felice (oggi Oberdan), Rasella e Ospedale; i pezzi sono ritirati nel cortile del
                   castello.
                      Analogo tentativo fatto contro porta Romana non riesce per il vivo fuoco
                   dei difensori.
                      Bruciata interamente la porta Romana, i garibaldini si spingono all’assal-
                   to e circa alle ore 2 del 26 i pontifici, dopo breve resistenza sulle due barrica-
                   te della via che sale a piazza Lambruschini, ripiegano nel castello, ove afflui-
                   scono pure i difensori degli altri settori, meno i dragoni e i gendarmi che si
                   arrendono nella loro caserma esterna al castello. Garibaldi poco prima delle
                   ore 4 entra in Monterotondo ponendo il quartiere generale nel caffè Frosi in
                   piazza Lambruschini e ordina subito che si cessi il fuoco che continuava viva-
                   ce da e contro il palazzo. Alle 7 si riprende l’azione; alle 9,30 il castello si ar-
                   rende a discrezione dopo che era stato appiccato il fuoco alla porta principa-
                   le e iniziato lo scavo di una mina.
                      Garibaldi concede che gli ufficiali conservino le armi, accorda la paga ai
                   gregari e doppio soldo agli ufficiali; tutti sono dichiarati prigionieri di guer-
                   ra. Riuniti nel Duomo e poi scortati dal maggiore Marani fino a Corese, fu-
                   rono quivi consegnati alle truppe italiane al confine. Proseguirono poi per il
                   Varignano (Spezia).
                      Mentre Garibaldi prende possesso del castello, giunge avviso che una co-
                   lonna di truppe pontificie marcia da Roma su Monterotondo.
                      Era la 7 compagnia della legione d’Antibo (circa 85 uomini) comandata
                             a
                   dal capitano Levesque-Durostu, la quale era partita da Roma alle ore 1,30 del
                   26. Uscita da porta Pia, dopo il ponte Nomentano aveva appoggiato a sini-
                   stra fino a raggiungere la Salaria, ma giunta, circa le 5, tra la Marcigliana e For-
                   no Nuovo, saputo da un gendarme essere questa località occupata dai garibal-
                   dini, piega a destra e condotta da una guida paesana, per monte di Massa,
                   passato il rio della Casetta, per fosso del Pozzo, sale a S. Luigi circa alle ore 9,
                   al momento della resa del castello.
                      Sono segnalati; il capitano Durostu, ignorando la presa di Monterotondo,
                   vuol spingersi ancora avanti verso villa Riva, ma, scontratosi coi volontari del-
                   la colonna Valzania e fatto bersaglio dalle mura, è respinto e costretto a rifa-
                   re la via percorsa e ritornare a Roma con qualche ferito, lasciando alcuni pri-
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