Page 34 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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                   lui a sentire intorno a sé l’odioso mormorio dei soliti invidiosi e intravede fra
                   i potenti del luogo qualcuno che spinge la gelosia fino a mostrarglisi più o
                   meno apertamente nemico, forse perché si vedeva mal volentieri tanto favo-
                   re di fortuna militare accumularsi sul biondo capo di quel singolare straniero
                   d’oltre oceano. Ma più d’ogni altra considerazione, più forse dello stesso
                   grande desiderio di un po’ di riposo e di pace, Garibaldi era incerto questa
                   volta ad accettare il pressante invito per la sempre più ardente speranza di ve-
                   der sorgere un’occasione per ritornare in Italia e dedicare alla grande Madre,
                   e soltanto a lei, l’orgogliosa e fiera sua coscienza di saper ormai pugnare de-
                   gnamente per la libertà e l’indipendenza del suo Paese. Soltanto quando gli
                   fu esplicitamente promesso che, al primo richiamo della patria lontana, egli
                   sarebbe lasciato libero di accorrervi, accettò l’incarico e da uomo d’onore qual
                   era, si dedicò alla sua nuova ardua missione in pro dell’Uruguay e contro l’e-
                   soso tiranno argentino che mirava alla conquista di quel ridente paese di riva
                   sinistra del Plata, senza per questo limitare comunque la misura della sua pre-
                   stazione d’opera, che egli intendeva anche questa volta dare con quel suo ma-
                   gnifico spirito di quasi mistico disinteresse, che era la sintesi sublime delle
                   elette virtù della sua grande anima.
                      La nefasta influenza del vicino tiranno argentino aveva diviso l’Uruguay in
                   due partiti, in lotta atroce fra di loro: blancos e colorados, capitanati rispetti-
                   vamente dal Presidente, generale Fructuoso Rivera e da un ex-Presidente, il
                   generale Oribe, il quale, per ambizione sfrenata di potere, era diventato la
                   lunga mano del Rosas, da cui riceveva forti aiuti di forze terrestri e marittime.
                      L’intervento in Uruguay dell’implicabile dittatore argentino, si era mani-
                   festato sin dall’anno 1839, mentre Garibaldi combatteva per il Rio Grande
                   contro il Brasile. Ma, durante le prime operazioni campali, il partito nazio-
                   nale del Rivera era uscito vittorioso. Se non che il Rivera non aveva saputo
                   sfruttare così favorevole evento, ed essendo rimasto per ben due anni presso-
                   ché inoperoso, aveva consentito al Rosas di rifarsi e di riprendere, nella esta-
                   te del 1842, l’offensiva e, questa volta, con forze assai più imponenti. Aveva
                   infatti incaricato due suoi generali: l’Echague e I’Urquiza di tenere in scacco
                   le truppe di Rivera nell’Entre Rìos, provincia argentina che si estende fra i fiu-
                   mi Uruguay e Paranà e adiacente al territorio della Repubblica dell’Uruguay
                   da oriente; mentre aveva affidato al suo degno luogotenente Oribe (rinnega-
                   to uruguayano) un esercito di ben 14.000 uomini, col comando di avanzare
                   direttamente contro Montevideo, minacciando al cuore il paese oggetto del-
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