Page 344 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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                   namento delle armi da fuoco, le masse compatte ben guidate sono quelle che
                   hanno deciso sino ad ora le grandi battaglie; conseguentemente, siccome non
                   abbiamo tali masse organizzate, occorrerà ricorrere alla guerra di partigiani si-
                   no a quando l’esercito nazionale possa con vantaggio affrontare l’avversario.
                      «9. - Quello che io chiedo alle mie milizie è quanto segue:
                      «A) Una disciplina severa, più severa di quella delle truppe regolari, senza
                   la quale nessuna forza militare può esistere. Per disciplina non deve intender-
                   si solamente l’obbedienza ai capi immediati, ma le relazioni tra «partito» e
                   «partito»; vale a dire la cooperazione fraterna e reciproca che deve esistere tra
                   essi; bisogna che i più giovani obbediscano ai più anziani ed ai più elevati in
                   grado.
                      «I «partiti» devono, inoltre, scambiarsi le informazioni che hanno e sui mo-
                   vimenti da combinare per evitare i pericoli, affinchè possano concorrere allo
                   scopo comune che è quello di arrecare il maggior danno possibile al nemico.
                      «I capi dei «partiti» devono informare nel modo più preciso possibile i co-
                   mandi vicini, sui movimenti del nemico, sulle sue forze e sulla specie di esse;
                   perciò ogni «partito» deve sempre avere qualche uomo a cavallo per portare
                   celermente tali notizie e per esplorare.
                      «Bisogna che i capi e gli ufficiali abbiano la convinzione che senza deroga-
                   re dalla disciplina, possano e debbano trattare i loro soldati con onore e con-
                   siderarli come loro figli.
                      «B) Una costanza incrollabile ad affrontare fatiche e pericoli, sino a che la
                   Patria sarà libera.
                      «C) Un coraggio a tutta prova ed una condotta irreprensibile per acquista-
                   re l’amore e la stima delle popolazioni. Il rispetto alla proprietà, anche in mez-
                   zo alle più dure privazioni, è la prima virtù del milite.
                      «D) Lo sprezzo assoluto della cavalleria nemica. Sarebbe un’onta e un tra-
                   dimento il temerla; sarebbe onta ancor più grave subirne il panico, che accre-
                   scerebbe l’audacia dei nemici.
                      «Io termino, ricordando che la difesa di Montevideo, contro 18.000 uo-
                   mini di truppe agguerrite, è durata 9 anni; quella città aveva allora 30.000
                   abitanti e tra essi commercianti inglesi, francesi e italiani, che tutti concorse-
                   ro alla difesa di essa ed ebbero la fortuna di assistere al trionfo della loro Pa-
                   tria adottiva. Montevideo, però, cedette i suoi palazzi, i suoi templi, i suoi di-
                   ritti di dogana presenti e futuri, dissotterrò i vecchi cannoni che servivano da
                   paracarri nelle strade, forgiò lance per sostituire i fucili che mancavano, men-
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