Page 40 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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                   sua irresistibile voce di esortazione e di comando e coll’esempio magnifico,
                   pareva sfidare, come un Dio della guerra, l’ira nemica, fra gli alberi infranti,
                   le carene squarciate e i rottami d’ogni sorta delle sue navi già seminate di
                   morti e di feriti. A terra però le cose procedevano abbastanza bene per gli uru-
                   guayani, sebbene anche là con perdite gravi, fra cui quella dolorosissima del
                   prode comandante del Pereyra, caduto in un attacco arditissimo contro la
                   flottiglia nemica.
                      La seconda notte passò per i combattenti a stretto contatto fra loro e sem-
                   pre nel più faticoso allarme. Garibaldi, valendosi di alcuni piccoli legni mer-
                   cantili trasformati abilmente in brulotti, tentò di incendiare le navi nemiche;
                   ma la corrente li fece deviare, cosicché anche quest’ultima disperata speranza
                   di vittoria svanì.
                      Cartucce e proiettili d’artiglieria erano pressoché esauriti. Durante la not-
                   te, sotto l’impulso vigoroso dell’instancabile condottiero, i garibaldini, sebbe-
                   ne stanchissimi, attesero a fabbricarne alla meglio frantumando catene e im-
                   provvisando cartucce con polvere sciolta. Intanto si doveva lavorare continua-
                   mente alle pompe perché i legni facevano acqua da tutte le parti. La Consti-
                   tución aveva un terribile squarcio in carena. Per colmo di disdetta, in quella
                   notte, la flottiglia di navi leggere di Corrientes, per la viltà del suo comandan-
                   te, fuggì, riuscendo a superare il banco, e privando così Garibaldi di mezzi
                   molto idonei per il caso si fosse dovuto venire all’arrembaggio e di ottimi
                   mezzi per il trasporto dei molti feriti e dei rifornimenti, in caso di ritirata a
                   terra.
                      Spuntò l’alba del 17 su quel quadro terribile di rovine e di morte. L’eroi-
                   co marinaio italiano ebbe l’energia di richiedere ancora un ultimo disperato
                   sforzo ai suoi reduci affranti da tanto orrore e tante fatiche. Le sue parole ani-
                   matrici scossero quegli spettri e ridettero un po’ d’animo alla difesa. Ciascu-
                   no tornò eroicamente al suo posto di battaglia. Ma ormai i tiri delle navi ga-
                   ribaldine avevano perduto ogni efficacia. I proiettili improvvisati potevano al
                   più funzionare da mitraglia a brevissima distanza. Solo l’onore era salvo; ma
                   il momento fatale di disimpegnarsi dal nemico stava per giungere. Garibaldi
                   dispose per lo sbarco dei superstiti e soprattutto dei feriti e per far saltare le
                   navi, per togliere al nemico ogni trofeo di vittoria. All’ora convenuta lo sbar-
                   co avvenne abbastanza ordinato sotto il fuoco nemico. Lo scoppio della «san-
                   ta Barbara» della Constitución fu così impressionante, che il combattimento,
                   tanto sul fiume quanto a terra, per un istante si arrestò. Garibaldi abilmente
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