Page 44 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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                   spada d’acciaio, e proruppe in evviva entusiastici a Garibaldi che la condusse
                   quello stesso giorno al combattimento, con quella irresistibile attrazione ma-
                   gnetica che aveva in sé, e che era maggiore nei momenti disperati».
                      La Legione italiana, così ritemprata dalla ferma mano dell’Anzani, e sem-
                   pre comandata personalmente da Garibaldi nelle giornate di grosso combat-
                   timento, strappò al nemico una prima segnalata vittoria l’8 giugno 1843, che
                   fu come la solenne affermazione del valore italiano in quell’assedio.
                      L’attacco garibaldino si volse travolgente sull’altura del Cerro che chiude
                   immediatamente ad ovest la baia di Montevideo, dove appunto gli assediati
                   aveva la estrema sinistra dei loro avamposti. Dopo brevissimo fuoco il nemi-
                   co fu respinto alla baionetta dalle sue posizioni fortificate, lasciando molti sul
                   terreno e 43 prigionieri in mano alla Legione italiana, che ritornò in città am-
                   mirata e acclamata come in trionfo.
                      Un altro fatto d’arme importante avvenne durante una grande sortita alle
                   Tres Cruces (Tre Croci), dove la Legione ebbe perdite gravi e dolorose. L’a-
                   spra e gloriosa giornata è così narrata dallo stesso testimone oculare generale
                   argentino Mitre già citato:
                      «All’alba del 17 novembre ‘43 una colonna di fanteria preceduta da alcu-
                   ni guerrilleros usciva dalla linea delle fortificazioni della città assediata. Di es-
                   sa faceva parte la Legione italiana. La piccola truppa era comandata dal co-
                   lonnello uruguayano Josè Neira, vecchio e valoroso soldato. La colonna fu
                   ben presto assalita dal nemico. Neira, vittorioso sul principio, essendosi spin-
                   to troppo arditamente avanti, cadde ucciso sul terreno, dopo essersi battuto
                   con disperato eroismo per non cader prigioniero. Per riconquistare il cadave-
                   re del loro capo, gli uruguayani impegnarono allora un furioso combattimen-
                   to. A questo punto apparve sul campo, come l’arcangelo della guerra, Giusep-
                   pe Garibaldi, alto sul suo cavallo rossigno, col cappello bianco gettato all’in-
                   dietro, agitando una sciabola di cavalleria che aveva strappata dalle mani di
                   un soldato. Alla sua vista, alla sua voce, tutti si sentirono eroi. Il sopravveni-
                   re di Garibaldi mutò le sorti dell’episodio e lo trasformò in grande e sangui-
                   nosa battaglia con 1500 uomini per lato.
                      «Garibaldi, per ordine del colonnello Faustino Velasco, argentino, coman-
                   dante la linea esterna, prese il comando in capo.
                      Il combattimento divenne generale dalle rispettive posizioni. In capo a cir-
                   ca un’ora di nutrito fuoco da ambo le parti, si udì un rullo prolungato: il fuo-
                   co di quelli della piazza cessò subitamente. Qualche momento dopo, lo stes-
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