Page 523 - Il Regio Esercito e i suoi archivi - Una storia di tutela e salvaguardia della memoria contemporanea
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ConClusioni                                                        523


               fronte, aveva come finalità quella di acquisire, fin dal principio, le carte operati-
               ve dei comandi ed enti combattenti; la compressione del termine temporale ine-
               rente al versamento degli archivi non più occorrenti ai soggetti produttori; le
               indagini e le richieste fatte dall’Ufficio storico, negli anni dei dopoguerra, per
               ottenere, dagli enti produttori o consegnatari, notizie sull’eventuale esistenza di
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               carteggi operativi e per procedere alla loro acquisizione .
                  Altro nodo problematico è quello di aver spesso lasciato agli stessi comandi
               ed enti produttori, o consegnatari, la facoltà di selezionare le carte da salvaguar-
               dare e inviare all’Ufficio storico. In assenza di una «terzietà», garantita nella
               selezione delle carte da versare agli Archivi di Stato, e di puntuali e uniformi
               linee guida elaborate dalle autorità militari centrali, questo fatto accentuava il
               pericolo di una scelta basata sulla «soggettività» e, quindi, un risultato conserva-
               tivo difforme e disomogeneo.
                  Vogliamo poi evidenziare, come ulteriori crepe nel piano conservativo dell’E-
               sercito, l’ambiguità nella definizione dei compiti spettanti alle varie istituzioni
               coinvolte  nella  custodia  delle  carte  della  Forza  armata  e,  ancora,  la  mancata
               attribuzione all’Ufficio storico di strumenti incisivi per evitare la frammentazio-
               ne degli archivi in diverse sedi, prime tra tutte quelle del comparto museografico.
                  Abbiamo già accennato alla natura dei musei dell’Esercito, la cui qualifica di
               «militari», solitamente utilizzata, è restrittiva in quanto, vista la tipologia dei beni
               culturali che custodiscono, possono essere anche classificati come musei «storici
               e di documentazione» o come musei «tecnico-scientifici». A tali enti veniva rico-
               nosciuto e attribuito, fin dalla loro origine, lo status di enti culturali con la fun-
               zione  principale  di  costruire  e  divulgare  la  «memoria  collettiva»  della  Forza
               armata, selezionata in base agli interessi e ai bisogni di uno specifico gruppo, gli
               appartenenti  all’istituzione  militare .  Le  loro  strutture  interne  prevedevano  la
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               presenza di sezioni, cioè i settori espositivi, le biblioteche ed anche gli archivi
               storici, aperte, a differenza dell’Ufficio storico, alla componente «civile» come
               testimoniato dai vari statuti e dai regolamenti interni. Nel tempo i musei hanno
               raccolto materiale documentario non solo circoscritto ai «cimeli» e ai «ricordi»
               –  che,  vista  l’assenza  di  una  loro  definizione  nei  testi  statutari,  colleghiamo,
               principalmente e istintivamente, alle «scritture dell’io», vale a dire agli epistola-




               29   Che le «fonti documentarie per la storia nascono e si difendono nell’archivio in formazione»
                  è dimostrato, nel caso specifico degli archivi storici dell’Esercito, dalla copiosa presenza,
                  presso l’Ufficio storico, di quelle tipologie documentarie, come le memorie storiche e i diari
                  storici, oggetto di tutela fin dal momento della loro creazione. Cfr., per la citazione, l. san-
                  dri, l’archivistica, in «Rassegna degli Archivi di Stato», XXVII (1967), 2-3, p. 412.
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                  Cfr.  M.  halbwaChs,  La  memoria  collettiva,  a  cura  di  P.  Jedlowski,  postfazione  di  l.
                  Passerini, Milano, Unicopli, 1996 (Connessioni, 10).
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