Page 518 - Il Regio Esercito e i suoi archivi - Una storia di tutela e salvaguardia della memoria contemporanea
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            negli anni Settanta dell’Ottocento, a una diffusione esterna grazie alla produzio-
            ne editoriale.
               Un istituto di concentrazione, quindi, esclusivamente dedicato a supportare la
            propria istituzione e con una funzione conservativa subordinata e funzionale alle
            esigenze della stessa istituzione. Istanze da cui discende l’approccio valutativo e
            selettivo della documentazione da preservare che, di conseguenza, non risponde
            a un «valore archivistico» e ha determinato le lacune documentarie presenti oggi
            negli archivi storici dell’Esercito, segnatamente in relazione alle carte riflettenti
            la sfera amministrativa:

               il sistema garantisce una continuità di documentazione, non però la conservazione
               dei carteggi veri e propri, perché le relazioni consegnate agli uffici storici conten-
               gono i risultati del lavoro di comando, ma non il lavoro preparatorio (studi, riu-
               nioni, abbozzi) spesso altrettanto importanti. Non è chiaro inoltre come si com-
               porti quella parte dell’amministrazione della Difesa che non dipende dagli stati
               maggiori (a cominciare dal ministro e dai suoi uffici) che probabilmente gestisce
               da sola le proprie carte (…). In sintesi, il sistema in vigore lascia adito a varie
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               perplessità ed è orientato unicamente a fini di documentazione interna .

            Questa la prima «anomalia» rispetto al progetto conservativo degli Archivi di
            Stato , incentrato, dall’Unità in poi, sul concetto di «neutralità», fondato, a sua
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            volta, su una scelta avente come aspirazione la preservazione di quelle carte in
            grado di rispecchiare tutte le attività svolte dal soggetto produttore e giudicate,
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            dal «selezionatore», essenziali per la comprensione storica del soggetto stesso .


            12   G. roChat, Gli uffici storici delle Forze armate, in Centro interuniversitario di studi e
               riCerChe storiCo-Militari, università di Padova, Pisa e torino, La storiografia militare
               italiana negli ultimi venti anni, a cura di G. roChat, Milano, Franco Angeli, 1985, p. 215.
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                Tra la ricca bibliografia ricordiamo, perché ci piace la sua capacità di trattare agilmente,
               ma con rigore e completezza, un argomento complesso come quello della storia degli ar-
               chivi italiani dal periodo postunitario in poi, i. zanni rosiello, Archivi e memoria storica,
               Bologna, il Mulino, 1987 (La nuova scienza, Serie di storia).
            14   Ma anche nell’approccio archivistico alla valutazione e selezione delle carte c’è sempre,
               come sottolinea Paola Carucci, la «soggettività» dell’archivista che decide di conservare
               quei documenti che reputa essenziali per la comprensione della propria epoca (o di quel-
               la immediatamente precedente); gli stessi percorsi intellettuali che portano all’attribuzio-
               ne della qualificazione di «essenzialità» sono essi stessi espressione di specifici contesti
               storico-culturali. Cfr. P. CaruCCi, Lo scarto come momento qualificante delle fonti per la
               storiografia, in «Rassegna degli Archivi di Stato», XXXV (1975), 1-3, pp. 250-264. Su
               questi temi cfr. anche Lo scarto archivistico: analisi e proposte, in a. roMiti, Temi di ar-
               chivistica, Lucca, mfp-Maria Pacini Fazzi editore, 1996 (Scrinium, Collana di archivistica
               diretta da a. roMiti, 1), pp. 29-51; M. GuerCio, La selezione dei documenti archivistici nel
               recente dibattito internazionale: evoluzione e continuità nella metodologia e nella pras-
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