Page 100 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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100 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
che nel tempo segue alla conquista, specie se si verifica l’afflusso di popolazione dal paese
del dominatore” .
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In questo disegno il reticolato compatto, protetto dal fuoco delle mitragliatrici, coperto
dal lancio di bombe a mano e fucileria, assumeva un ruolo fondamentale in quanto inviola-
bile con i mezzi a disposizione degli insorti. La linea di fuoco doveva essere facilmente iden-
tificabile, facilmente sorvegliabile e facilmente comandabile: in qualunque istante doveva
essere possibile cogliere con un colpo d’occhio la situazione. Per Mezzetti gli appostamenti
per tiratori simili a tane, dove era difficile muoversi e combattere, e le “boere”, nelle quali
la truppa alloggiava avendo nel muro sopra le brande delle feritoie da cui far fuoco, non
erano affatto utili allo scopo. Queste soluzioni si erano dimostrate valide nella guerra anglo-
boera, quando i boeri si erano trovati a dover difendere i propri averi e le proprie famiglie,
ma non in Libia: quindi niente magazzini, scuderie o lavatoi nell’area del fortino. Era inve-
ce necessario che i presidi fossero funzionali al controllo del territorio e “che rispondessero
direttamente alle necessità della campagna contro i ribelli” . In questo senso l’esperienza
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della Libia si sarebbe rivelata preziosa in Etiopia.
Gli ufficiali
Durante la riconquista di Tripolitania e Cirenaica, tra il 1922 e il 1931, emerse un pic-
colo gruppo di ufficiali coloniali talentuoso e ben rispondente alle esigenze di un territorio
come quello libico, prevalentemente desertico. In pochi anni essi non solo impararono a
muoversi fra le dune, ma diventarono esperti conoscitori delle tecniche di controguerriglia,
risultando l’elemento fondamentale, unitamente alle truppe di colore, di queste complesse
e articolate operazioni . Giorgio Rochat dice che “non si deve dimenticare la relativa de-
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252 Ibidem, p. 129.
253 Prot. N. 19340 del 1° dicembre 1928, al governo della Colonia, firmato Mezzetti, AUSSME, Fondo
L-8, busta 175, fascicolo 6.
254 Angelo Del Boca afferma invece che “i reparti coloniali italiani non avevano alcuna dimestichezza
con la guerriglia. […] Quella della guerriglia e della controguerriglia era perciò una materia che non
si insegnava alla Scuola di Guerra”, in anGelo del Boca, Guerriglia anti-italiana e controguerriglia
in Libia e nel Corno d’Africa, in “Studi Piacentini”, n. 32, 2002, p.75. Se per la prima fase delle ope-
razioni questa affermazione può essere condivisibile, non lo è più successivamente, in quanto proprio
per la Scuola di Guerra, già negli anni Venti avevano scritto alcuni esperti e valenti ufficiali coloniali
come l’allora colonnello Nasi. Il testo si trova in AUSSME, Fondo L-3, busta 79, fascicolo 51, co-
lonnello Guglielmo Nasi, operazioni Coloniali, Scuola di Guerra, anno 3°, 55° corso, 1925-1928. Si
veda anche E. canevari, La Tripolitania. L’ambiente geografico, le popolazioni indigene, il problema mi-
litare, Torino, Schioppo, 1924 (Gabinetto di Cultura della Scuola di Guerra); M. valletti-BorGni-
ni, Il combattimento in colonia. Zone desertiche, Modena, Ed. Dal Re, 1928. Degli anni Trenta sono
invece vittorio Braida, Memoria per l’Ufficiale dei reparti indigeni della Cirenaica, Bengasi, Pavone,
1935 (Comando R.C.T.C della Cirenaica); enrico de aGoStini - GuGlielMo ciro naSi, ossatura
geografica della Cirenaica. La guerriglia e l’impiego delle truppe in Cirenaica, Bengasi, Pavone, 1931;
Comando Regio Corpo Truppe Coloniali, Memoria per l’ufficiale dei reparti eritrei, Bengasi, Pavone,
1934. Sulle teorie della controguerriglia esistevano poi numerose librette e manuali, non finalizzati
Capitolo seCondo

