Page 98 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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              I presidi dovevano essere disposti lungo una “linea marginale”, parallela alla costa, e una
           “linea pre-desertica”, in modo tale da permettere con le bande cammellate il controllo della
           zona. Fu proprio Mombelli a introdurre il concetto di “perni di manovra”: capisaldi piut-
           tosto spartani che potessero svolgere la funzione di base e ricovero per le truppe operanti
           sul territorio che potevano così evitare di appesantirsi inutilmente e manovrare potendo
           contare su dei sicuri punti d’appoggio. Questi peraltro, dal momento che non erano veri
           e propri forti, potevano essere smantellati da un momento all’altro, non lasciando nulla
           all’avversario.
              La Tripolitania del 1926 è un esempio interessante di gestione della rete dei presidi in
           quanto ripartita in tre grandi zone: la costa fino alla Gefara, i territori del sud tripolitano
           e la zona orientale. Ognuna era divisa a sua volta in settori e presidi e aveva truppe suf-
           ficienti per il controllo del territorio in condizioni normali con la possibilità di costituire
           gruppi mobili, anche robusti, per le possibili emergenze. In questo disegno, assumevano
           un peso rilevante le basi costiere, non solo per quanto concerneva l’approvvigionamento
           della colonia ma anche per l’organizzazione del territorio: alcune erano infatti opere fortifi-
           cate a carattere permanente, altre a carattere campale, sul modello del “campo trincerato”,
           in grado di far fronte senza difficoltà a possibili attacchi. Le armi non vi erano tenute in
           postazione, ma custodite nei magazzini per evitare che venissero usurate dal clima deser-
           tico. La rete di punti d’appoggio, invece, era stata pensata soprattutto per dare sostegno
           alle truppe che battevano il territorio in un raggio pari a 2-3 giornate di marcia. Questi
           presidi erano collocati in corrispondenza di punti d’acqua ed erano tutti organizzati allo
           stesso modo: “[…] un nucleo di fabbricati (magazzini, viveri e munizioni, pozzi o cisterne,
           alloggi ufficiali e truppa, locali per impianti radiotelegrafici etc.) protetto da muro di cinta
           con feritoie per fucileria, postazioni per mitragliatrici e per artiglieria; il tutto circondato
           da fascia di reticolato” .
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              La Cirenaica era divisa in cinque grandi settori, Bengasi, Merg, Cirene, Derna, Tobruk,
           ai quali si aggiungeva la zona di Agedabia , in ognuno dei quali era attivo un comando
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           militare alla dirette dipendenze del Comando truppe coloniali della Cirenaica. Il presidio
           avanzato di Agedabia, era costituito da un’ampia ridotta con un muro difensivo alto 3,50
           metri e lungo 1.200 metri, pezzi d’artiglieria e mitragliatrici in postazione fissa, difesa da
           truppe nazionali mentre i reparti indigeni risiedevano in un campo protetto da tre fortini
           armati di mitragliatrici in postazione fissa, con muro di cinta difensivo. La ridotta aveva
           inoltre tre blokhaus con torrette d’acciaio girevoli dotate di due mitragliatrici e il tutto era
           circondato da una doppia fascia di reticolato.
              Badoglio, di fronte a un simile spiegamento di mattoni e cemento armato, aveva però
           espresso il dubbio che tutti quei presidi, circa una sessantina nella sola Cirenaica, senza
           contare le opere delle piazze, fossero troppi e di difficile gestione. Così, anticipando il

           244 Organizzazione difensiva delle Colonie, n. 410 RR del 1° maggio 1926, AUSSME, Fondo L-8, busta
              188, fascicolo 3.
           245 Un tempo sede di un grosso campo e fondamentale punto di appoggio della Senussia, Agedabia era
              un presidio avanzato, importante per il controllo dei movimenti nemici e ideale base di partenza per
              un’avanzata su Gialo.

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