Page 103 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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Il RegIo eseRcIto e le opeRazIonI dI polIzIa colonIale In afRIca (1922-1940) 103
Eritrei, somali e libici: le truppe di colore
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I primi reparti libici, regolari e non, furono costituiti fra la fine del 1911 e il 1913 , ma
fu con l’inizio delle operazioni di polizia coloniale che i comandi si resero conto dell’impor-
tanza fondamentale delle truppe indigene. Più adatte all’ambiente e più resistenti ai disagi
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delle truppe nazionali, rispetto alle quali avevano “bisogni infinitamente minori” , col
passare degli anni diventarono uno strumento insostituibile per il controllo del territorio,
potendo far valere la loro spiccata “leggerezza e scioltezza” nei confronti di un avversario
che si muoveva sul proprio territorio. Ai battaglioni eritrei di antica tradizione si affianca-
rono i battaglioni libici, i meharisti dei reparti sahariani, i cavalieri degli squadroni di savari
e spahis, gli zaptié nel ruolo di gendarmi e gli uomini delle bande regolari e irregolari. Nei
confronti di queste ultime, arruolate localmente, non mancava però una certa diffidenza
e nell’aprile del 1922, Amendola manifestò la propria preoccupazione al governatore della
Tripolitania Giuseppe Volpi che gli aveva chiesto di affiancare alla banda locale di Zavia, un
nucleo ausiliario di 800 fucili e di 100 cavalieri . Volpi cercò di tranquillizzare il prudente
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ministro delle Colonie sottolineando che la banda di Zavia, in grado di schierare in poche
ore dai 2.000 ai 3.000 uomini quasi tutti armati di fucile, avrebbe già potuto sopraffare
facilmente i soldati del presidio e che non c’era quindi motivo di dubitare della sua fedeltà.
La realtà delle bande era comunque piuttosto variegata, anche quando si dimostravano
affidabili: la banda zuarina ad esempio non era disposta a muoversi dal proprio territorio,
costringendo Volpi a richiedere a Graziani la disponibilità di altri 500 uomini per far fronte
a eventuali esigenze; di contro la banda di Iusuf Cherbisc era impiegata per il controllo di
due oasi costiere, permettendo di risparmiare un battaglione libico o eritreo e facendosi
preferire ai reparti regolari per la maggiore “spigliatezza” e i minori oneri associati. Compo-
sta per lo più da berberi, accettava nelle sue fila anche arabi e il suo comandante era un vero
leader . D’altro canto, lo stesso visconte di Wolseley, in tempi non sospetti, aveva parlato
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dell’importanza dei soldati: l’elemento uomo era risolutivo in un simile contesto, non era
pensabile infatti utilizzare individui scadenti nelle small wars in cui le difficoltà erano deci-
266 Il primo arruolamento di personale libico avvenne a Sabri (Cirenaica) il 1° dicembre 1911, ad opera
del capitano di cavalleria Maurizio De Vito Piscicelli, caduto in combattimento davanti a Caporet-
to il 24 ottobre 1917 e medaglia d’oro al valor militare alla memoria, che costituì il Reparto Libico
Montato, antesignano dei savari, della forza di 22 uomini, poi sciolto e ricostituito nel 1913. Già
all’indomani dell’occupazione di Tripoli erano però stati assoldati dall’Arma dei Carabinieri gli ap-
partenenti alla disciolta gendarmeria turca.
267 Relazione sull’operazione dell’occupazione di Orfella al Comando Truppe della Tripolitania-dicembre
1923, Le operazioni per l’occupazione di Orfella, Rassegna dell’Esercito italiano, Fasc. V-VI, 1924, p.
8, AUSSME, Fondo L-8, busta 154, fascicolo 15.
268 Situazione politica (aprile), n. 1793 del 3 aprile 1922, ASMAI, Posiz. 122/27, Tripolitania, fascicolo
248.
269 Situazione politica (aprile), n. 1169 del 5 aprile 1922, ASMAI, Posiz. 122/27, Tripolitania, fascicolo
253. Si veda anche Federica Saini FaSanotti, Libia 1922-1931. Le operazioni militari per la ricon-
quista, op. cit., p. 129.

