Page 168 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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           dei singoli battaglioni, sono numerosi gli apprezzamenti per le truppe di colore, sempre
           citate come esempio di valore e di virtù militari, e questo nonostante i giudizi non troppo
           lusinghieri di alcuni comandanti. Ruggero Tracchia si è soffermato parecchio sugli asca-
           ri , sottolineandone l’importanza nelle operazioni di controguerriglia: gli ascari erano più
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           resistenti dei soldati italiani e abituati a percorrere anche a piedi nudi distanze altrimenti
           impossibili per altre truppe, erano coraggiosi e sprezzanti del pericolo, talmente frugali
           nelle abitudini quotidiane da apparire, ad un occhio superficiale, infantili, e legati all’Italia,
           più spesso di quanto si possa pensare, da vincoli d’onore profondamente sentiti.
              Nel novembre del 1937 il ministero dell’Africa Italiana appoggiò la proposta provenien-
           te dall’impero di assegnare ai reparti coloniali un nucleo di ufficiali in soprannumero ri-
           spetto all’organico per colmare i vuoti aperti dalle perdite in combattimento, dalle malattie
           o semplicemente alle licenze . I capitani di fanteria designati per questo ruolo avrebbero
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           prestato servizio presso i comandi di brigata, per poi essere destinati ai battaglioni a seconda
           della necessità, mentre i subalterni sarebbero stati assegnati direttamente ai battaglioni, ai
           gruppi squadroni e ai gruppi di artiglieria. Questa assegnazione doveva comunque avere
           carattere temporaneo e limitata alla durata delle operazioni di polizia.
              Gli ufficiali subalterni in servizio permanente arrivavano ai reparti dopo aver frequen-
           tato i due anni di corso dell’Accademia Militare, oltre a un anno di applicazione per fan-
           teria e cavalleria e due per artiglieria e genio, con un buon bagaglio di studi ma nessuna
           esperienza di comando, particolarmente importante nell’ambiente delle truppe di colore,
           dove i reparti si trovavano spesso a operare in totale isolamento. Tanta teoria, insomma, e
           poca pratica in puro stile italiano, ma del resto anche molti ufficiali superiori mancavano
           di spirito d’iniziativa .
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           Bande regolari e irregolari
            L’enciclopedia militare definì le bande come reparti, per lo più costituiti da volontari,
           che furono “sempre di grande rendimento e validissimo ausilio e in varie occasioni diede-
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           ro prova della loro fedeltà” . In Etiopia le bande regolari traevano origine dalle antiche
           bande commissariali, forti di una loro tradizione e con gregari, in gran parte provenienti
           dalle fila degli ascari, che avevano ricevuto un addestramento più o meno accettabile. Erano
           qualcosa di diverso dai battaglioni indigeni per l’inquadramento assai leggero, come del
           resto l’armamento, ed erano chiamate ad assolvere compiti di esplorazione, di avanguardia
           e anche di controllo del territorio.
              A differenza delle bande regolari, le bande irregolari potevano essere costituite anche



           473 ruGero tracchia, Coloniali ed ascari, Milano, Ceschina, 1940.
           474 Prot. n. 18332, firmato Gariboldi del 14.11.1937, AUSSME, Fondo D-6, DS 74.
           475 Mario Montanari, L’esercito italiano alla vigilia della seconda guerra mondiale, Roma, SME-Ufficio
              Storico, 1993, p. 231.
           476 Enciclopedia militare, op. cit.

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