Page 163 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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Il RegIo eseRcIto e le opeRazIonI dI polIzIa colonIale In afRIca (1922-1940) 163
Abebé Aregai e Ligg Ghirmà . Graziani non aveva dubbi, bisognava schiacciare il nemico,
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anche a costo di inimicarsi la popolazione, commettendo così il più fatale degli errori: era
l’atteggiamento della popolazione che avrebbe determinato il vincitore .
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Come se non bastasse, iniziava a farsi strada il sospetto che, vista la razionalità dell’or-
ganizzazione tattico-logistica delle formazioni ribelli, dietro tutto questo vi fossero la Fran-
cia e la Gran Bretagna. L’intervento di quest’ultima sembrava particolarmente evidente al
confine con il Kenya dove, nel territorio del Magi, c’era molto fermento. Il villaggio di
Namaroput, nei pressi del lago Rodolfo, era stato occupato da alcune centinaia di ribelli
che avevano iniziato a incitare ad attaccare i presidi italiani durante la stagione delle piogge.
Se le cose fossero andate male, avrebbero sempre potuto rifugiarsi in Kenya, dove sarebbero
stati ben accolti.
In seguito alla sconfitta dell’esercito imperiale etiopico, sancita dall’uccisione di ras De-
stà nel febbraio del 1937, a opporsi all’occupazione italiana erano rimasti gruppi meno
numerosi, ma se possibile più determinati, distribuiti su tutto il territorio. Le repressioni
indiscriminate volute da Graziani dopo l’attentato del 19 febbraio 1937, anziché soffocare
i focolai di rivolta li avevano ravvivati e in poche settimane l’incendio si era diffuso a tutto
l’Amara e a tutto lo Scioa. I metodi usati dalle truppe italiane non solo nei confronti dei
guerriglieri, ma anche dei villaggi sospettati di appoggiarli, avevano spinto gli indecisi a
schierarsi con gli insorti, nella convinzione che ormai non c’era più nulla da perdere e che
se bisognava morire, tanto valeva farlo con onore, in battaglia. Fu questo il grande errore di
Graziani, un errore compiuto con il totale avallo del vertice politico, che della realtà etio-
pica poco sapeva e ancor meno aveva capito. Se durante il conflitto era stato possibile far
leva sui sentimenti di odio tra una popolazione e l’altra, con l’inizio della guerriglia tutto si
complicò: le divisioni erano ora trasversali e l’ostilità nei confronti degli italiani era presente
in tutte le tribù e in tutti i gruppi sociali, come dimostrarono anche le rivolte nei territori
del Tigrai annessi all’Eritrea. Soltanto con l’arrivo del duca d’Aosta, chiamato a sostituire
Graziani nell’incarico di viceré, la situazione cambiò sensibilmente in meglio.
La rete presidiaria
Il controllo del territorio richiedeva il rispetto di due punti: sicurezza assoluta dei presi-
di e rastrellamento di armi e guerriglieri attraverso colonne mobili che, proprio nei presidi,
avrebbero fatto tappa. Già nel 1937, Gariboldi aveva toccato l’argomento, estendendolo
anche alle opere difensive realizzate a protezione dei cantieri che, una volta completati,
dovevano essere rase al suolo per non lasciare nulla in cui i combattenti etiopici potessero
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asserragliarsi . D’altro canto la tecnica del presidio come perno di manovra era già stata
453 Promemoria, giugno 1937, AUSSME, Fondo N-11, busta 4124. Ligg Ghirmà era uno dei tanti figli
dello spodestato imperatore Ligg Yasu.
454 Allegato n. 105 firmato Graziani del 19 giugno 1937, AUSSME, Fondo D-6, DS 60.
455 Distruzione opere difensive abbandonate, firmato Gariboldi del 14.11.1937, AUSSME, Fondo D-6,
DS 74, alleg. 59.