Page 166 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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166 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
Però Frusci sapeva bene che i presìdi di posizione dovevano esistere solo se strettamente
necessari, altrimenti essi, allineandosi al pensiero di Graziani, rappresentavano solo una tas-
sa, per di più pericolosa. Diverso il discorso per quelli mobili, molto più funzionali: erano
essi a garantire copertura della fronte e del territorio attraverso il continuo movimento delle
truppe. Esse, però, per non appesantirsi troppo e perdere quindi il loro migliore carattere
distintivo, l’agilità, dovevano invece appoggiarsi, per il rifornimento di viveri e munizioni,
su “basi logistiche preventivamente costituite” e senza alcun valore tattico-strategico. La
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distanza da una all’altra avrebbe dovuto essere di circa tre, al massimo quattro, giornate
di marcia; si sarebbero preferiti i capoluoghi di regione, generalmente dotati di castelli e
fortezze e adiacenti a zone di mercato e corsi d’acqua. A fare da guarnigione a queste basi
sarebbero stati nazionali (avieri, automobilisti, radiotelegrafisti, militari “della sussisten-
za”), un plotone organico di fucilieri, una sezione di artiglieria da posizione indigena e chi
non era in grado di marciare. La cinta doveva avere un perimetro il più ridotto possibile,
in modo da poter essere difesa anche da un solo drappello di 50 uomini e doveva essere
provvista di viveri e foraggi per circa un mese, di materiale sanitario, oltre che di munizioni
e armi a sufficienza. Il servizio idrico e quello radiotelegrafico non sarebbero mai dovuti
mancare. Il punto fondamentale di tutta la questione era che le basi logistiche dovevano
essere in grado di difendersi e gestirsi da sole, senza che le guarnigioni in movimento e i loro
comandi dovessero preoccuparsene.
Si erano così privilegiati i presìdi delle grandi linee di comunicazione, o quelli delle
zone di particolare importanza politico-strategica, come ad esempio quello di Faguttà (nel
cuore del Goggiam), quelli di Feresbiet e Chiero (sempre nel Goggiam) e quello di Mujà,
nel Gaint. Se questi erano stati mantenuti, venivano invece soppressi venti presìdi in tutto,
tra cui anche quello famoso di Martula Mariam . Frusci faceva rilevare il fatto che nulla
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era perenne e che, soprattutto in materia di presìdi, le esigenze reali potevano cambiare da
un giorno all’altro; ma proprio alla luce di ciò, il ridimensionamento della rete presidiaria
appariva come inevitabile. Fu così che nel giro di una settimana, a fine maggio, anche
presìdi piuttosto rinomati, come quelli di Mecan Jesus, Tisisat e Dil Dil vennero soppressi.
Gli ufficiali
Tra i molti ufficiali che prestarono servizio in Africa Orientale non si può non ri-
cordare il gruppo dei “coloniali”, per mentalità e comportamento molto diversi dai
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“metropolitani” . La maggior parte di loro aveva alle spalle anni di operazioni in territori
ostili come quelli libici dove, lontano dagli affetti e dalle comodità della vita di guarnigio-
ne, aveva affinato le tecniche di controguerriglia. Animati da uno spiccato senso del dovere,
questi uomini spregiudicati e coraggiosi erano abituati ad agire in situazioni estreme, con
466 Ibidem.
467 Il presidio era stato soppresso a metà maggio, quando il 70° coloniale lo aveva abbandonato, per di-
rigersi su Debra Uork.
468 I cenni biografici dei singoli comandanti sono tratti da AUSSME, Biografie.
Capitolo seCondo