Page 192 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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192 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
creatasi nei territori di codesto Governo, cause risalenti ai seguenti errori:
1. L’aver demolito la saggia organizzazione del 1936, basata su pochi capi realmente
importanti, e che avevano in parte agevolato la nostra occupazione, per sostituirla
con la suddivisione del territorio in un’infinità di piccoli distretti, affidati a uomini
nuovi e privi di seguito, in gran parte importati dall’Eritrea, e quindi [sic] dei biso-
gni, delle consuetudini e della mentalità delle popolazioni dipendenti;
2. L’aver sconvolto l’amministrazione della giustizia tra gli indigeni, applicando, senza
correttivi, norme fatte per il Governo dell’Amara;
3. L’aver escluso i nativi da ogni attività economica e da ogni impiego;
4. L’aver mancato di spirito di comprensione e di gradualità nella risoluzione della
questione dei Culti, e avere esagerato nel caso degli indemaniamenti;
5. L’aver applicato provvedimenti di rigore eccessivi ed arbitrari;
6. L’aver identificato la politica della razza con una politica di maltrattamenti e di as-
servimento.
Si approva incondizionatamente il programma di codesto Governo, chiaramente impo-
stato, e tendente a rimediare gli errori del passato” .
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Nel maggio del 1939 l’allora governatore dell’Eritrea Giuseppe Daodiace, nel fissare i
compiti delle due colonne che di lì a breve avrebbero dovuto compiere una ricognizione
oltre il Setit, precisava che questa operazione aveva un significato politico, volendo dimo-
strare ai dissidenti che “il Governo è in grado di dominare il territorio e la situazione” .
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Le truppe avevano l’ordine di reagire con forza se attaccate, ma il primo desiderio di Dao-
diace era che i soldati fossero corretti e disciplinati. Il governatore, molto preoccupato del
benessere della popolazione, invitava i comandanti a non attraversare i villaggi e proibiva
tassativamente di rifornirsi di viveri in un Paese già “in preda alla carestia”. Si doveva quin-
di evitare di accamparsi nei pressi dei centri abitati e, qualora le colonne avessero sostato
in prossimità di mercati, si dovevano organizzare servizi di ronda: bisognava a ogni costo
sfatare la “leggenda” degli ascari “distruttori”.
Uno dei grandi problemi, anche nelle zone pacificate, era la diffusione di notizie false e
prive di fondamento, ma in grado di suscitare sconcerto e allarme, come queste: gli italiani
proibiscono di professare la religione copta, gli italiani hanno chiuso le chiese per distrug-
gerle, i capi sottomessisi sono stati massacrati, gli italiani vogliono distruggere la razza nera.
Altre voci, diffuse sempre dalla stessa fonte, riportavano il testo di un presunto proclama
del governo: “Popolo etiopico, un altro nemico si avanza, egli non è soltanto il nostro ma il
vostro – armatevi e difendetevi – tutto quello che avete datelo al governo italiano – se avete
tre figli uno per voi e due per noi – in quanto al bestiame è sufficiente che ogni lavoratore
abbia due buoi e una mucca, il resto dovrà essere consegnato al Governo” .
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Questa valanga di notizie che raggiungeva anche i tucul più sperduti creava allarme
591 Ministry of Justice, Documents on Italian War Crimes, Vol. II, Addis Abeba 1950, p. 67.
592 Tel. n. 4904 del 2 maggio1939, AUSSME, Fondo N-7, busta 1385.
593 Diario storico del 4 aprile 1937, AUSSME, Fondo D-6, DS 57.
Capitolo seCondo