Page 196 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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196 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
era velatamente razzista, con riferimenti alla Roma imperiale e alla superiorità latina, ma
il significato era inequivocabile, nessuna violenza sarebbe stata accettata, l’impero doveva
essere “fucina di lavoro e solo di lavoro” .
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L’idea che le popolazioni sottomesse non dovessero essere vessate era largamente dif-
fusa e le parole di molti comandanti dimostrano che non c’era una volontà distruttiva .
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Gariboldi, nella tarda estate del 1937, al termine quindi di un periodo molto “caldo”, si
esprimeva in questi termini con il viceré: “[...] Della Bona comunica che consistenza ribelli
non è rilevante [...] gli ho risposto [...] esprimendo parere che responsabilità sia in molte
parti da imputarsi condotta nostri e raccomandando da parte tutti linea di condotta seria,
improntata giustizia severa ma illuminata, abolendo nocive prepotenze che seminano solo
odio” .
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Nell’ottobre successivo, Graziani scriveva a Geloso biasimando il fatto che popolazioni
sottomesse fossero state oggetto di maltrattamenti da parte delle truppe indigene solo per-
ché i ribelli avevano occupato i loro territori. Dopo aver cacciato i briganti, le case erano
state incendiate e la gente presa a fucilate: il viceré chiedeva non solo l’immediata punizione
dei responsabili di tali atti, ma anche di evitare nel modo più assoluto il ripetersi di tali
fatti incresciosi . A rincarare la dose, sia pure con un’impronta più apertamente razzista,
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intervenne Mussolini condannando la condotta dei nazionali sia perché lesiva del prestigio
italiano sia perché spingeva gli indigeni alla rivolta .
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Dopo l’esecuzione di un italiano, giustiziato sulla pubblica piazza a causa di un delitto
efferato compiuto contro un indigeno, Graziani coglieva l’occasione per ribadire alcune
regole di comportamento che tutti i nazionali avrebbero dovuto seguire, ma il punto fon-
damentale era che non bisognava confondere il diritto di conquista con il sopruso .
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Era evidente quanto il rapporto con la popolazione fosse l’obiettivo su cui concentrarsi,
averla dalla propria parte era fondamentale nell’ottica di una conquista profonda e duratu-
ra. D’altro canto ciò avrebbe potuto creare forte malcontento fra i notabili, i cascì, era quin-
di necessario lasciar loro del potere, pur controllandoli per evitare che potessero compiere
prepotenze sulle masse. L’introduzione graduale di riforme sarebbe stato il secondo, ma
non meno importante, passo da compiere: se da un lato era necessario diminuire l’influenza
dei capi, dall’altro si doveva emancipare la popolazione attraverso la sua alfabetizzazione.
600 Ordine del giorno n. 260 del 18 maggio 1937, AUSSMA, Fondo AOI, busta 15.
601 Tel. n. 184 OP. M. del 4 settembre 193,7 firmato Della Bona al comando generale, ACS, FG, scato-
la 30, fascicolo 29, sottofascicolo 39. Questo telegramma acquista un significato ancora maggiore se
confrontato con quello scritto tre giorni prima a Gariboldi da Graziani e riguardante proprio Della
Bona: “[...] Detto generale non deve limitarsi a perquisire tucul bensì distruggerli ovunque siansi ve-
rificati casi di connivenza coi ribelli. Occorre collaudare energia Della Bona che in situazioni del ge-
nere viene impiegato per la prima volta” (ACS, FG, ivi, tel. n. 241 del 1 settembre 1937.
602 Tel. n. 42977 dell’8 settembre 1937, ACS, FG, scatola 30, fascicolo 29, sottofascicolo 39.
603 Tel. n. 101970 del 27 ottobre 1937, AUSSME, Fondo D-6, DS 71.
604 Tel. n. 161 ris. pers. del 5 novembre 1937, AUSSME, Fondo D-6, DS 73.
605 A tutti i governi e settori ed enti militari e civili dipendenti, 7 novembre 1937, AUSSME, Fondo D-6,
DS 73.
Capitolo seCondo