Page 194 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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194                   l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943

               “Continuano a pervenire lagnanze per contegno operai et militari guardia cantieri
           verso popolazione indigena-prepotenze di ogni genere-furti di viveri et specie bestiame aut
           quanto meno pagamento irrisorio-invasioni di mercati prendendo consegna merce inade-
           guatamente pagamento, aut pagata, et altre angherie. Tutto ciò esercitato su popolazioni
           che in genere offrivano fiduciose loro merci habet prodotto risentimento, fuga aut allonta-
           namento et generale senso di diffidenza che persistendo si trasformerà in odio con conse-
           guenza rivolta aut atti di brigantaggio dei quali gli stessi incoscienti autori della situazione
           e soprattutto il nostro prestigio. Ordino che tale modo di fare abbia a cessare. Le popo-
           lazioni pacifiche debbono essere rispettate et ogni merce giustamente retribuita. Nessuno
           est obbligato a vendere se non dalle autorità superiori. Verso trasgressori saranno adottati
           provvedimenti di rigore estensibili at responsabili di noncuranza aut peggio tacitamente
           aut protezione. Maggiori responsabili i comandanti di presidio et capi cantieri. Informo
           che ho denunciato all’autorità giudiziaria i rei già conosciuti et continuerò inflessibilmente
           verso coloro che persistessero. Et ricordo che in situazione attuale si arriva alla fucilazione
           per i bianchi” .
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               In Eritrea la sera del 14 aprile 1937 cinque italiani aggredirono e uccisero sei indigeni
           a scopo di rapina: le indagini per “assicurare delinquenti alla giustizia per punizione esem-
           plare” furono immediate , e nel contempo Giuseppe De Feo, governatore dell’Eritrea
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           dall’aprile al dicembre del 1937, suggerì che i nuovi arrivati dall’Italia avessero con loro il
           certificato penale. Il concetto veniva poi rafforzato da Lessona tre giorni dopo, proponendo
           quelle che erano state le considerazioni del Duce sulla faccenda:
              -  “sia fatto il possibile per arrestare gli assassini i quali debbono essere processati e
                 giustiziati sommariamente;
              -  sia rassicurata con opportune misure la popolazione indigena e sia accordato un
                 immediato indennizzo alle famiglie degli uccisi;
              -  siano rimpatriati, previa revisione dei certificati penali, tutti gli operai in qualunque
                 modo sospetti o il cui contegno in generale non sia consono ai doveri della dignità
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                 nazionale” .
              Le indagini, condotte dai carabinieri, arrivarono rapidamente a identificare quattro dei
           cinque colpevoli e meno di due settimane dopo, mentre si attendeva che l’unico indigeno
           superstite, gravemente ferito, fosse in grado di riconoscere gli arrestati, alle famiglie degli
           uccisi venne corrisposto un sussidio, mentre i carabinieri iniziavano quella “rigorosa cernita
           operai sospetti o cui contegno non consono doveri unità nazionale” .
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              Anche Nasi diramava in quei mesi una circolare che non lasciava dubbi in proposito:
           in colonia, più che in patria, era necessario avere “un contegno irreprensibile”. Lo stile


           596 Diario storico del 4 aprile 1937, AUSSME, Fondo D-6, DS 57.
           597 Tel. n. 6521 del 18 aprile 1937, AUSSME, Fondo D-6, DS 57.
           598 Tel. n. 59045 del 21 aprile 1937, AUSSME, Fondo D-6, DS 57.
           599 Tel. firmato Graziani a Lessona del 28 aprile 1937, AUSSME, Fondo D-6, DS 57, allegato n. 151.

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