Page 188 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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188 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
aveva freddato sul posto , ammettendo poi candidamente: “[...] Io posso ancora vederlo!
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Ho mirato al ginocchio e quando ho sparato, ho colpito la coscia. Questo è ciò che mi fa
felice. Poi ho gridato a Lij Rede e al maggiore Asaminew: Guardate mentre si contorce! Gli
ho sparato! Voi siete i miei testimoni!”
Non c’è dubbio che questo conflitto lungo e cruento abbia avuto conseguenze catastro-
fiche per la popolazione, come aveva ben capito il generale Frusci, una volta divenuto go-
vernatore dell’Amara. In una sua comunicazione si legge che il capo locale Cassa Mangascià
aveva mandato un biglietto agli abitanti del paese di Metà, chiedendo un’ingente somma di
denaro, avvertendo che un rifiuto avrebbe causato la razzia del bestiame e la distruzione dei
tucul. Per evitare che questo avvenisse, Frusci ordinò di intensificare la sorveglianza anche
con l’utilizzo di gregari locali .
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Spesso avveniva che truppe indigene allontanassero i predoni e che, avendone la
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possibilità, gli indigeni si ribellassero, recuperando i capi di bestiame razziati e magari
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liberandosi di briganti assai pericolosi, come nel caso di Addal Enghida, la cui scomparsa
venne appresa con soddisfazione dai paesani . Non è raro, d’altro canto, leggere nelle
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comunicazioni fra i vari comandi della restituzione di capi di bestiame razziati durante le
operazioni .
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Alcuni degli eventi più drammatici sono da mettere in relazione con l’appoggio, con-
vinto o forzato, dato dai paesani ai gruppi dissidenti, e ci sono telegrammi, firmati general-
mente da Graziani, con il resoconto dei morti per rappresaglia. Sono del resto i guerriglieri
di allora a testimoniare l’apporto fondamentale dato dai contadini e dai pastori alla guer-
riglia che senza di loro non avrebbe avuto modo di svilupparsi per così tanti anni. Ai loro
occhi i veri patrioti erano i contadini . Con questa premessa risulta più comprensibile
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il fatto che non vi fosse scampo per chi appoggiava, in qualunque modo, la guerriglia, e
d’altro canto, come si è detto, non mancavano i casi in cui i paesani si rifiutavano di fornire
sostegno ai ribelli. Le pressioni degli insorti sui civili per portarli comunque dalla loro parte
sfociavano spesso in azioni violente e brutali, e nei confronti di chi si rifiutava scattava ine-
vitabile la rappresaglia . La gente comune si trovava quindi tra due fuochi: da una parte
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gli italiani e la loro brutale occupazione, dall’altro i patrioti che non avevano pietà per chi
si sottometteva al nemico, non è quindi azzardato parlare di una guerra civile all’interno
di un conflitto più ampio . Durante le operazioni di polizia del 1938 nella zona galla di
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574 Ibidem, p. 176.
575 Tel. n. 10356 del 24 marzo 1939, AUSSME, Fondo N-7, busta 1387.
576 Tel. n. 3886 del 18 febbraio 1939, firmato Frusci, AUSSME, Fondo N-7, busta 1387.
577 Tel. n. 6960 del 5 marzo 1939, firmato Frusci, AUSSME, Fondo N-7, busta 1387.
578 Tel. n. 10355 del 24 marzo 1939, firmato Frusci, AUSSME, Fondo N-7, busta 1387.
579 Tel. n. 00606 del 12 gennaio 1938, firmato Daodiace, AUSSME, Fondo D-6, DS 79.
580 andrew hilton, the ethiopian Patriots, op. cit., p. 66.
581 Tel. n. 21070 del 15 ottobre 1936 firmato Graziani, AUSSME, Fondo N-11, busta 4124.
582 andrew hilton, the ethiopian Patriots, op. cit., p. 55. Dominioni a riguardo scrive: “Conseguenza
dell’occupazione militare fu la guerra civile che andò instaurandosi tra comunità sottomesse e comu-
nità ribelli. Le bande partigiane per rappresaglia incendiavano i villaggi dov’era stato issato il tricolore,
Capitolo seCondo