Page 184 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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184 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
Camicie Nere “23 Marzo”, di fronte ai continui soprusi ai danni della popolazione sotto-
messa impartì disposizioni molto precise. Le violenze dovevano cessare subito, grazie anche
a un controllo più capillare delle zone di sosta che a tal fine sarebbero state divise in tanti
settori quanti erano gli scaglioni della divisione, dandone la responsabilità ai comandanti
di scaglione . Negli stessi termini si espresse più volte anche Graziani che nell’ottobre del
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1936, a pochi mesi dalla proclamazione dell’impero, denunciò il fatto che gli indigeni e
i loro reclami non erano presi sufficientemente in considerazione . Una conferma della
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particolare attenzione del viceré per questi problemi si ha ad esempio da quanto accadde
in Somalia nell’aprile del 1937, quando le due bande di Olol Dinle e Ussen Aile furono
sciolte, con la totale approvazione di Graziani, a causa dei soprusi compiuti ai danni del-
le popolazioni . Un simile comportamento non poteva che arrecare un enorme danno
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all’azione di governo. Graziani sottolineava che le sottomissioni andavano favorite in ogni
modo, per evitare un “eterno belligerare”, e concludeva esplicitando il suo programma: il
fine andava raggiunto con ogni mezzo, anche con la forza, ma questa andava usata sola-
mente se necessario e di fronte a “genti irriducibili” . Va aggiunto poi che, nonostante
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alcuni successivi scellerati telegrammi di Graziani sui metodi da utilizzare in emergenza
anche con i sottomessi, se i bombardamenti colpivano per errore indigeni innocenti la cosa
non veniva nascosta, almeno nelle comunicazioni interne. Nell’ottobre del 1937, ad esem-
pio, Pirzio Biroli scriveva che nell’Amara Saint la popolazione “disgraziatamente è stata
bombardata da nostri aerei” .
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L’incendio dei villaggi era purtroppo uso comune quando c’era la convinzione che vi
si nascondessero armi e guerriglieri e, quando se ne aveva la conferma, per gli abitanti le
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cose si mettevano male: la fucilazione sul posto non era cosa rara . Quando poi non erano
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le truppe italiane a farlo erano i guerriglieri etiopici a distruggere i villaggi, con il risultato
che a fare le spese della lotta in corso erano, come sempre succede nelle guerre, i civili.
Decine di telegrammi confermano questo comportamento degli insorti ed è qui sufficiente
riportarne qualche stralcio: “[...] Fuggiaschi incendiato per vendetta tucul di sottomessi .
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[...] Villaggio sarebbe stato incendiato, bestiame razziato, donne catturate e uccisi molti
553 Tel. n. 684 del 9 marzo 1936, AUSSME, Fondo D-5, busta 144. Il romano Alberto Piroli era coman-
a
dante della 202 Legione CC.NN. della Divisione 23 Marzo.
554 Tel. n. 9160 del 26 ottobre 1936, AUSSME, D-6, DS 90.
555 Tel. n. 26065 del 21 maggio 1937, AUSSME, Fondo D-6, DS 59. In realtà il provvedimento era sta-
to preso il 19 marzo.
556 Tel. n. 2858 del 12 giugno 1936, firmato Graziani a Tracchia, AUSSME, Fondo D-6, DS 40.
557 Tel. n. 6106 del 6 ottobre 1937, AUSSME, Fondo D-6, DS 70.
558 Era uso comune nascondere le munizioni nelle pareti e sotto il tetto delle abitazioni: ecco perché i
tucul in cui erano rinvenute armi venivano sempre bruciati, come testimonia questo telegramma di
Graziani: “Villaggio sulle adiacenze trovato deserto. Incendiati due tucul avvertiti scoppi munizioni.
Esteso incendio a tutti 12 tucul costituenti villaggio, in tutti scoppiati numerose munizioni”. Tel. n.
27122 del 28 maggio 1937, AUSSME, D-6, DS 59 .
559 Tel. n. 6505 del 13 luglio 1936, firmato Graziani, AUSSME, Fondo N-11, busta 4123.
560 Tel. n. 11043 del 16 agosto 1936, firmato Graziani, AUSSME, Fondo N-11, busta 4123.
Capitolo seCondo