Page 274 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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           L’operazione “Schwarz”

              Con i tedeschi ormai padroni della situazione e decisi a non dare tregua ai partigia-
           ni, alla fine di maggio scattò l’operazione Schwarz, sollecitata dagli italiani che non era-
           no riusciti a impedire l’invasione del Montenegro da parte delle forze di Tito provenienti
           dall’Erzegovina. Anche in questo settore le bande M.V.A.C. incaricate della difesa avanzata
           non ressero l’urto partigiano, forse anche perché ormai depresse dal voltafaccia italiano.
           Neppure gli alpini e le fanterie della Divisione “Ferrara” riuscirono ad arginare l’avanzata
           titina nel cuore del Montenegro che si spinse a pochi chilometri da Podgorica. Risolutivo
           risultò l’intervento germanico, che ribaltò il corso degli eventi. Dalle basi di partenza della
           Croazia meridionale i tedeschi penetrarono in Montenegro, riuscendo quasi ad ottenere
           la distruzione dell’esercito partigiano che, ridotto a mal partito, con lo stesso Tito ferito
           leggermente nel corso di un bombardamento aereo, riuscì a stento a ripiegare in disordine
           nella Bosnia occidentale. Le sconfitte dei cetnici non mancarono di avere effetti anche in
           campo politico, come dimostrò l’abbandono da parte inglese del sostegno militare e propa-
           gandistico fornito fino a quel momento a Mihajlovic. Il S.I.M. rilevò il “sacrificio del mo-
           vimento cetnico fatto dall’Inghilterra con le conseguenti dimissioni del governo nominale
           jugoslavo di Londra, onde eliminare dalla sua compagine il generale Mihajlovic, ministro
           della guerra e capo di tale movimento”. Tale evento avrebbe potuto comportare “una spe-
           cie di legalizzazione da parte inglese del movimento partigiano per far piacere alla Russia;
           un passaggio all’opposizione, e quindi un marcato avvicinamento all’Asse, del movimento
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           cetnico-nazionalista ortodosso, data la sua irriducibile avversione per il comunismo” .
              Le ripetute sconfitte patite nel febbraio-maggio 1943 non poterono non incidere sul
           morale delle truppe e dei quadri e, insieme alla stanchezza dovuta ai prolungati cicli opera-
           tivi, ne intaccarono inevitabilmente lo spirito combattivo. Anche unità solide ed affidabili
           come la “Sassari” cominciavano a dare segni di cedimento, puntualmente registrati dagli
           organi informativi dello S.M.R.E.. La situazione di Supersloda portò i vertici militari a di-
           sporre un’ispezione in Croazia che rilevò numerose e gravi deficienze sia in campo politico-
           amministrativo sia in campo militare. Nonostante una disponibilità di forze pari a oltre
           quattro volte la consistenza stimata delle formazioni partigiane, 220.000 uomini a fronte
           di 50.000, senza contare le forze collaborazioniste e quelle croate, Supersloda si trovava in
           grave difficoltà e le bande di Tito stavano avendo il sopravvento. Le cause della crisi dell’Ar-
           mata erano così riassunte dalla relazione dell’ispezione condotta nell’aprile 1943: “Reparti
           polverizzati e non efficienti in una zona d’occupazione troppo vasta; deficienza qualita-
           tiva dei quadri; deficienza numerica della truppa; tirchieria e incongruenza dei servizi di
           commissariato e sussistenza; minori reparti di morale deficiente per la stanchezza fisica, la
           sfiducia, il contegno non sobrio e dignitoso di alcuni comandi, la disparità di trattamento
           e di vita, la mancata rotazione dei reparti operanti, che impedisce un po’ di riposo, bagni
           e licenze necessari per chi sostiene il maggior peso della guerra; mancanza di un piano

           768 Foglio n. I/18060/S in data 30 giugno 1943, Situazione politico-militare (relazione), Comando 2ª Ar-
              mata – Ufficio Informazioni. Nonostante le pressioni britanniche, Mihajlovic rifiutò ogni tipo di ac-
              cordo coi partigiani.

                                                                            Capitolo terzo
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