Page 272 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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272 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
furono decisive per le sorti del movimento di Mihajlovic che, perso il confronto con i parti-
giani sul piano militare, perse anche di credibilità sia sul fronte interno sia a livello interna-
zionale. Se in “Trio” erano stati gli italiani a penetrare nella zona di responsabilità tedesca,
in “Weiss” furono le truppe del Terzo Reich intervenire nel settore d’occupazione italiano
in Croazia. “Weiss” portò così i tedeschi a insediarsi in una vasta parte della terza zona che
gli italiani e i loro alleati locali non erano stati in grado di difendere . Una volta padroni
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dell’Erzegovina, e preso atto dell’intendimento italiano di non smobilitare le M.V.A.C., i
tedeschi agirono d’iniziativa disarmando alcune bande cetniche senza consultare i comandi
del Regio Esercito .
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Il 1943
La resa delle truppe dell’Asse in Tunisia, e l’incombente minaccia di uno sbarco alleato
in Italia o nei Balcani, determinarono un’accelerazione del ritiro delle forze italiane verso
la costa con conseguente cessione a tedeschi e croati della responsabilità anche di territori
della seconda zona, come la regione della Lika e la città di Mostar. Il ripiegamento dalla
Lika si svolse nel peggiore dei modi, sotto l’incalzare di masse partigiane pari ad almeno sei
brigate che intendevano impedire il passaggio di consegna dagli italiani alla M.V.A.C. e alle
forze armate croate. Una colonna della divisione “Re” forte di tre battaglioni (I Battaglione
del 1° Reggimento fanteria, un battaglione CC.NN. e uno M.V.A.C.) fu attaccata e di-
spersa il 10 aprile 1943 nella zona di Orovac . Nei violenti scontri dei giorni precedenti, i
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partigiani avevano agito con un imponente schieramento di forze, mai visto in precedenza
nella Lika, mettendo in campo anche un plotone di carri armati di preda bellica e numerose
artiglierie. L’esodo delle forze italiane dalle regioni della Lika e della Gacka fu esaltato dalla
propaganda comunista come un grande successo dei partigiani.
Nel corso del 1943 continuò il progressivo disimpegno italiano col rimpatrio di unità
destinate a rinforzare la difesa della penisola e alla fine di maggio, col passaggio della Di-
visione “Emilia” alle dipendenze del comando truppe Montenegro, le divisioni inquadrate
a
nella 2 Armata si erano ridotte a 11: “Isonzo”, “Lombardia” e “Cacciatori delle Alpi” del-
l’XI Corpo d’Armata, “Re” e “Macerata” del V, “Bergamo”, “Zara” ed “Emanuele Filiberto”
del XVIII, “Messina”, “Marche” e “Murge” del VI, per una forza complessiva di 220.330
762 Nel maggio 1943 i tedeschi avevano assunto il controllo della maggior parte della Croazia e della par-
te settentrionale del Montenegro.
763 Ancora nei colloqui italo-tedeschi di Salisburgo dell’aprile 1943 Hitler era tornato sull’argomento,
constatando, però, la tattica dilatoria di Mussolini che non fornì una data precisa d’inizio del disarmo
cetnico.
764 Il battaglione di fanteria fu semidistrutto, una batteria d’artiglieria andò perduta, il battaglione cetni-
co si sbandò ed il comandante della colonna rimase gravemente ferito. I partigiani si accanirono con
crudeltà su prigionieri e feriti italiani. Un altro massacro fu compiuto il 3 aprile dai partigiani a Brlog,
quando ne fu sopraffatto il presidio costituito da una compagnia presidiaria alpina e da una banda
cetnica (le perdite italiane ammontarono a 108 uomini).
Capitolo terzo

