Page 270 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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           solo il presidio di Konjic riuscì a resistere agli attacchi dei partigiani che disponevano di
           armi pesanti e di artiglieria .
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              Né la divisione “Murge”, né il VI Corpo d’Armata disponevano di una riserva di mano-
           vra, in quanto la totalità delle forze era assorbita da compiti di presidio e dalla protezione
           delle ferrovie, e per porre rimedio a una situazione sempre più critica furono richiamati in
           tutta fretta alcuni battaglioni da presidi lontani non direttamente minacciati, venne chiesto
           il concorso dei Corpi d’Armata contermini e fu ordinata la mobilitazione di tutte le bande
           M.V.A.C. dell’Erzegovina e di altre dal Montenegro. Le forze racimolate furono schierate
           a difesa di Mostar, ormai direttamente minacciata dalla massa partigiana stimata in 15.000
           uomini, lasciando all’aeronautica il compito di molestare le formazioni ribelli con azioni di
           bombardamento e spezzonamento a bassa quota e di rifornire i reparti assediati o isolati .
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           La controffensiva italiana, alla quale parteciparono 4 battaglioni nazionali e 4.500 volon-
           tari anticomunisti, poté iniziare solo il 26 febbraio e si concluse il 28. Il peso principale
           dell’azione su Dreznica ricadde sulle bande M.V.A.C. che almeno per il momento riusci-
           rono a bloccare i partigiani.
              I successi dei partigiani erano stati favoriti da gravi carenze degli organi informativi del
           VI Corpo d’Armata, che non avevano segnalato l’incombente minaccia della massa delle
           divisioni di Tito. Il comando del VI Corpo d’Armata fu accusato, inoltre, di aver ordinato
           con ritardo la mobilitazione delle M.V.A.C. e di non essersi costituito in tempo una forte
           riserva, attingendo ai presidi meno minacciati, con cui contrattaccare o quanto meno argi-
           nare la penetrazione avversaria .
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              L’operazione “Weiss-1”, pur se non riuscì ad annientare le forze partigiane di Tito,
           inferse loro un duro colpo. Numerose formazioni comuniste furono disperse, evitando
           il pericoloso congiungimento delle masse ribelli della Croazia centrale e della Slovenia. I
           partigiani eliminati furono più del triplo di “Trio” (9.000 morti, oltre a 1.725 feriti e 1.500
           prigionieri). I tedesco-croati ebbero 337 morti, 761 feriti, un centinaio di dispersi mentre
           le perdite italiane furono di 355 morti, 1.315 feriti e 423 dispersi.


           758 Il CIII Battaglione Mitraglieri, che difese eroicamente Konijc, perse nei combattimenti due compa-
              gnie. Nello sblocco del presidio furono impegnati anche reparti tedeschi e croati.
           759 Ad aggravare la situazione contribuì la crisi della catena di comando, con l’intempestiva partenza in
              licenza, il 13 febbraio, del comandante interinale del VI Corpo d’Armata. La pressione partigiana si
              fece sentire anche nel settore della divisione “Messina”.
           760 Foglio n. 6000 in data 14 aprile 1943, Avvenimenti di Val Narenta: azione dei comandi, impiego delle
              truppe, Comando Superiore FF.AA. “Slovenia-Dalmazia” – Ufficio Operazioni. In merito al poten-
              ziamento delle formazioni partigiane, la relazione mensile del gennaio 1943 dell’Ufficio Informazio-
              ni del V Corpo d’Armata aveva segnalato che: “Dalle bande si è arrivati per gradi alla divisione ed al
              Corpo d’Armata, con un progresso continuo anche nella costituzione di reparti specializzati, quali
              quelli di un vero e proprio esercito. Di pari passo si è trasformato l’impiego delle forze: dalle azioni di
              guerriglia a piccoli gruppi, si è passato a quelle in massa ad opera di grandi unità”. All’inizio del feb-
              braio 1943 il S.I.M. aveva tradotto e diramato un proclama di Tito che, annunciando la costituzione
              dell’esercito popolare di liberazione, strutturato in divisioni e corpi d’armata, aggiungeva che questo
              passo gettava “i presupposti di operazioni di più grande stile per portare all’occupatore ed ai suoi servi
              ustascia e cetnici colpi ancora più duri”.

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