Page 295 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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La 2 armata e Le operazioni di controguerrigLia in JugosLavia (1941-1943) 295
al proprio posto la gran parte dei funzionari, degli impiegati, degli insegnanti, dei ferrovie-
ri, dei gendarmi di origine slovena che trovavano lavoro nell’amministrazione statale del
precedente Regno jugoslavo . A differenza del governatore della Dalmazia Bastianini, che
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espulse tutti i funzionari pubblici jugoslavi, Grazioli, preoccupato della paralisi ammini-
strativa che avrebbe potuto provocare un simile provvedimento, si limitò inizialmente a in-
serire personale italiano ai vertici degli organismi pubblici . Si cercò, inoltre, di non mor-
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tificare la cultura e le tradizioni autoctone, nel rispetto degli usi e costumi locali, evitando
una politica di denazionalizzazione forzata come quella attuata nelle province irredente
dopo il 1918 che avrebbe fatto il gioco della resistenza. I tentativi di Grazioli di estendere
l’ordinamento statale italiano alla nuova provincia caddero nel vuoto per l’opposizione del
governo, più propenso a considerare la Slovenia un territorio occupato che una provincia
del Regno .
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L’invasione della Russia, il 22 giugno 1941, portò a un improvviso cambiamento della
situazione interna. Il segretario del Komintern, l’internazionale comunista, il 30 giugno
1941 scrisse a Tito spingendolo a intraprendere azioni armate contro le forze dell’Asse che
occupavano la Jugoslavia: “E’ arrivato il momento in cui i comunisti debbono spingere il
popolo alla lotta attiva contro gli occupanti. Organizzate senza indugio reparti partigiani e
iniziate la guerra tra le file del nemico”. Non furono quindi solo i sentimenti di solidarietà
panslava e socialista a muovere tanti jugoslavi contro gli italo-tedeschi, ma anche le precise
direttive impartite da Mosca ai dirigenti comunisti dell’Europa occupata . L’elemento co-
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munista vide la possibilità di sfruttare, diffondendola nella popolazione, l’idea della grande
patria slava per aiutare la Russia e giungere ad instaurare un regime comunista in Jugosla-
via. Ciò allarmò gli ambienti cattolici, contrari alla sovietizzazione della provincia. Nell’a-
gosto 1941 si ebbe il primo importante rastrellamento in un quartiere periferico di Lubiana
con l’impiego di circa mille uomini dell’esercito. Allo scopo di migliorare la capacità di
allarme dei presidi soprattutto nel caso di attacchi notturni, fu richiesta l’assegnazione di
cani poliziotto alle pattuglie adibite alla vigilanza di infrastrutture e basi militari.
tava di elementi volontari sui quali non era stata fatta alcuna pressione per ottenerne l’iscrizione.
810 “In base a direttive ricevute dal Duce, Grazioli mantenne in servizio gli impiegati statali ex-jugoslavi
che, solo in un secondo momento, sarebbero stati licenziati o collocati a riposo. L’Alto Commissario
dovette mantenere ai loro posti oltre 2.300 funzionari e impiegati pubblici sloveni” (Davide Rodo-
gno, op. cit., pp. 325-326).
811 Gianni oliva, “Si ammazza troppo poco”. I crimini di guerra italiani 1940-43, Milano, Mondadori,
2006, p. 68.
812 Nel dicembre 1941 si limitò ad estendere alla provincia di Lubiana le leggi fondanti del Regno: lo
Statuto, le leggi sulle attribuzioni del capo del governo e del Gran Consiglio del Fascismo, lo statuto
del P.N.F. e quello della Camera dei Fasci e delle Corporazioni.
813 Maria tereSa GiuSti, La Iugoslavia tra guerriglia e repressione, in L’occupazione italiana della Iugoslavia
(1941-1943), in Francesco Caccamo – Luciano Monzali (a cura di), Firenze, Le Lettere, 2008, pp.
393-394. La missiva così continuava: “Incendiate le industrie militari, i depositi, i serbatoi petrolife-
ri, gli aeroporti, distruggete le ferrovie, le linee telefoniche e telegrafiche, impedite trasporti di truppe
e di munizioni. Fate in modo che i contadini sotterrino il pane e nascondano il bestiame nei boschi.
Bisogna terrorizzare il nemico con tutti i mezzi per farlo sentire in un castello assediato”.

