Page 298 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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298 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
della legge di guerra. La questione della mancata dichiarazione dello stato di guerra aveva
importanti conseguenze anche nell’amministrazione della giustizia che, invece di ricorrere
ai tribunali militari e all’applicazione del codice penale militare di guerra anche per i reati
commessi dai cittadini, faceva capo a tribunali straordinari civili. Le autorità militari non
avevano la facoltà di emettere nuove leggi e nuove disposizioni, potevano, solamente, come
in Italia, emettere ordinanze applicative delle leggi e disposizioni governative in vigore,
limitatamente però ad argomenti di indole militare e di concerto con le autorità civili
in loco. Ciascuna ordinanza veniva firmata dal comandante militare e controfirmata dal
rappresentante dell’autorità civile. Le persone arrestate o fermate dall’esercito per sospetta
attività sovversiva dovevano essere subito consegnate alle autorità di polizia. Nel settembre
del 1941, Robotti si rivolse più volte al comando superiore chiedendo l’inasprimento delle
misure contro i ribelli e i loro fiancheggiatori e modifiche all’ordinamento giudiziario in
vigore nella Slovenia italiana. Il generale si lamentò dell’eccessiva indulgenza dei tribunali
ordinari verso gravi reati commessi contro le truppe italiane, facendosi interprete del disa-
gio psicologico dei suoi uomini. Lo scontro tra il potere politico e quello militare, non si
risolse nemmeno con l’emanazione del regio decreto legge del 3 ottobre 1941 che intro-
dusse lo stato di guerra nella provincia di Lubiana. Tale provvedimento fu accompagnato
da un nuovo bando col quale venivano inasprite tutte le pene relative agli atti di ribellione
contro lo Stato, prevedendo in molti dei casi la pena di morte e affidando la cognizione
dei reati ai tribunali di guerra . Allo scopo di risolvere i conflitti di competenza derivanti
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dall’accavallamento dei poteri politici e militari nella provincia, fu deciso, a partire dal
novembre 1941, di avere riunioni mensili sull’ordine pubblico tra i massimi vertici civili,
di pubblica sicurezza e dell’esercito, riunioni che non servirono a rasserenare più di tanto
gli animi e ad attutire i contrasti.
Mentre le autorità della provincia erano impegnate nei loro dissidi, il 19 ottobre i parti-
giani sferrarono il primo attacco in forze a un presidio italiano di confine ricorrendo a tec-
niche di guerra e all’impiego di armi automatiche, anche se va detto che la lotta partigiana
in Slovenia, per circa un anno, ebbe caratteristiche più di banditismo e terrorismo politico,
che di guerriglia. Data la notevole densità dell’occupazione italiana e la fitta rete di polizia
che, per il fatto di essere una provincia del Regno d’Italia, vi era stata istituita, fu difficile
per i partigiani costituire bande di una certa consistenza. Solo nella primavera del 1942, i
partigiani, cresciuti di numero, cominciarono ad avere un’organizzazione pseudo-militare e
a condurre azioni di vera e propria guerriglia . In novembre, in pieno accordo con l’Alto
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Commissario, fu deciso di rinunciare ai rastrellamenti a grande raggio, di limitare le punta-
te offensive lanciate dai presidi più lontani a quelle assolutamente indispensabili per ragioni
816 Bando del Duce del 3 ottobre 1941, contenente disposizioni penali per i territori annessi al Regno
d’Italia con Regi Decreti Legge 3 maggio 1941, n. 291 e 18 maggio 1941, n. 452. Il 19 novembre
1941 venne insediata a Lubiana una sede distaccata del tribunale della 2ª Armata. Inoltre, il tribuna-
le straordinario istituito dall’Alto Commissario venne soppresso con l’estensione sulla provincia della
giurisdizione del Tribunale speciale per la difesa dello stato di Trieste.
817 Gruppo Ricerche, Note relative all’occupazione italiana in Jugoslavia – Notes relating to the Italian oc-
cupation of Yugoslavia, s.d., p. 22.
Capitolo terzo

