Page 304 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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304 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
garne la compagine morale .
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Il 6 gennaio giunse a Lubiana in ispezione il capo di stato maggiore dell’Esercito, Roatta,
che non rimase per niente soddisfatto della situazione dell’ordine pubblico e nella relazione
compilata per il Comando Supremo stigmatizzò soprattutto l’eccessiva subordinazione dei
reparti dell’esercito dagli organi di polizia. La sua ispezione, e i successivi colloqui romani
di Ambrosio sortirono i loro effetti e il governo decise di intervenire con nuove disposizioni
in tema di ordine pubblico. Col crescere della ribellione nella zona di responsabilità della
2ª Armata, e con la conseguente necessità di opporsi all’azione delle bande partigiane con
reparti organici dell’Esercito, il 19 gennaio 1942 un nuovo bando stabilì che nelle province
annesse la difesa dell’ordine pubblico fosse affidata all’autorità militare, chiamata a inter-
venire su richiesta dell’autorità civile o di propria iniziativa, se ritenuto necessario, secondo
modalità di sua esclusiva competenza. L’articolo 3 stabiliva, peraltro, che all’autorità di
Pubblica Sicurezza rimanessero affidate le funzioni di polizia giudiziaria e amministrative,
nonché la tutela dell’ordine politico e morale. Nonostante all’emanazione del bando faces-
sero seguito le rituali schermaglie in merito alla sua interpretazione e applicazione pratica,
il risultato fu, comunque, l’accresciuto ruolo dell’Esercito nell’azione anti-bande a scapito
delle funzioni delle forze di polizia.
Sempre il 19 gennaio 1942, Mario Roatta sostituì Vittorio Ambrosio al comando della
2ª Armata. Il nuovo comandante immediatamente impresse un giro di vite alla politica
di contenimento del ribellismo, giudicata fino ad allora troppo remissiva, attraverso la
concessione dei pieni poteri ai militari e un impegno molto più risoluto nelle operazioni
di controguerriglia. Nel febbraio 1942, giunsero dall’Italia notevoli rinforzi per i quadri
di polizia e fu attuato il blocco della città di Lubiana, il cui perimetro venne avvolto da
una cintura di 18 km di reticolato con posti di controllo muniti di stazione fotoelettrica
in corrispondenza di ogni via d’accesso . Il transito dai posti di blocco fu consentito solo
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ai possessori di appositi lasciapassare rilasciati dagli organi di polizia. Il cinturamento del
capoluogo fu accompagnato dalla perquisizione a tappeto di tutti i rioni alla ricerca di armi
e materiale propagandistico, e tutti i giovani furono concentrati in posti di raccolta e iden-
tificazione per essere interrogati. Queste operazioni che, iniziate il 22 febbraio si protrassero
fino al 14 marzo, consentirono di individuare la stazione radio clandestina dell’O.F., varie
tipografie dedite alla produzione di materiale propagandistico tra cui quella del libello
comunista “L’araldo sloveno”, un’officina per la costruzione di armi bianche, e portarono
all’esecuzione di 10.000 fermi, 500 dei quali tramutati poi in arresto, con la cattura di vari
capi ribelli, del maggiore esponente del tribunale segreto partigiano, di commissari politici
e aderenti al Komintern, incluso il segretario del comitato centrale del partito comunista
822 Notiziario informazioni n. 43, in data 3 febbraio 1942, Comando XI Corpo d’Armata – Ufficio I
C.A. Per contrastare la propaganda avversaria si iniziarono a stampare giornali militari, i più famosi
dei quali furono “Picchiasodo” e “La tradotta del fronte giulio”.
823 Foglio n. 02/1220 in data 22 febbraio 1942, Disarmo popolazione di Lubiana, Comando XI Corpo
d’Armata – Ufficio Operazioni. Il servizio informazioni aveva accertato che in Lubiana agivano i ver-
tici del movimento partigiano e che la locale università era il centro nevralgico del ceto intellettuale
avverso all’Italia.
Capitolo terzo

