Page 313 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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La 2 armata e Le operazioni di controguerrigLia in JugosLavia (1941-1943) 313
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teneva conto della reale portata della minaccia.
Nel corso della primavera del 1942 i ribelli ricorsero a nuovi strumenti di lotta come le
mine antiuomo, a pressione e a strappo, e quelle contro veicoli, spesso impiegate nell’am-
bito di interruzioni stradali. Per arginare l’ondata di sabotaggi alle linee ferrate, fu studiata
una nuova organizzazione per la loro protezione. Se fino ad allora erano impiegate per la
protezione dei 242 km della rete ferroviaria slovena 61 compagnie, di cui 27 tratte dai re-
parti organici delle divisioni “Isonzo” e “Granatieri di Sardegna” e coordinate da 8 comandi
di raggruppamento, la nuova organizzazione prevedeva 7 comandi di raggruppamento, 17
comandi di battaglione e 65 compagnie, con l’impiego di truppe territoriali, presidiarie,
cavalleria appiedata e reparti di complementi allo scopo di disimpegnare le truppe mobili
indivisionate alle quali sarebbe spettato l’onere di fornire rincalzi e riserve a sostegno dei
nuclei fissi e mobili addetti alla protezione delle ferrovie. La forza disponibile era di quasi
5.000 uomini, pari a 20 uomini per chilometro di linea, e in prospettiva si intendeva
raddoppiarla. L’intendenza del Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia approntò
alcuni carri ferroviari blindati per le necessità di scorta e protezione dei carri attrezzi e del
relativo personale inviati a riattivare le linee interrotte dai ribelli e a recuperare il materiale
danneggiato. Nel contempo si attrezzarono a vetture protette contro il tiro di fucileria
anche vari carri destinati ad ospitare la scorta armata di tradotte e treni viaggiatori e merci.
A fine luglio erano disponibili a Lubiana due treni armati da impiegare per la difesa del
personale addetto ai recuperi e al riattamento delle linee e per interventi in soccorso a po-
stazioni fisse sotto attacco. Nell’ottobre 1942 erano impiegati per il servizio P.F. (Protezione
Ferrovie) dell’XI Corpo d’Armata 5 comandi di reggimento, 23 di battaglione e 57 com-
pagnie. Anche per la difesa delle autocolonne si improvvisarono autoprotetti installando,
presso le autofficine in loco, su normali automezzi delle corazzature di circostanza. Non si
mancò, inoltre, di richiedere l’assegnazione di reparti di autoblindo, particolarmente utili
nel servizio di pattugliamento di itinerari e di scorta alle autocolonne potendo impegnare
col fuoco di armi automatiche da torrette rotanti e protette dal tiro di armi leggere i posti
d’agguato dei ribelli. Fu richiesta anche la disponibilità di mezzi corazzati cingolati di tipo
pesante, quali i carri M14/41, in grado di appoggiare su terreni aperti e poco impervi le
azioni di rastrellamento e di costituire un notevole impedimento all’azione offensiva dei
ribelli. L’impiego dei mezzi corazzati serviva anche a rafforzare il morale delle truppe che,
sentendosi più sicure e protette, erano spinte ad agire con maggiore slancio.
In un rapporto agli ufficiali del suo Corpo d’Armata, Robotti si rammaricò del fatto che
la forte presenza italiana in Slovenia non riuscisse ad arginare l’azione delle bande, audaci
e motivate, ma non certo numerose: gli italiani erano oltre 40.000, un soldato ogni otto
sloveni, con armi e mezzi che i ribelli non possedevano. L’allarme lanciato da Robotti a pro-
posito dell’attività dell’O.F., giudicata “per ora non contenibile” , non rimase inascoltato
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838 Notiziario politico militare n. 57, in data 31 maggio 1942, Comando Superiore FF.AA. “Slovenia-Dal-
mazia” – ufficio I. Era riportato inoltre che “alle nostre azioni di rappresaglia il Fronte di Liberazione
ha risposto con minacce di contro rappresaglie, preannunciando la cattura di cittadini italiani, mili-
tari e civili, da sopprimere ogni volta che sarà da noi applicata la nota ordinanza dell’Alto Commis-
sario”.

