Page 36 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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36 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
e risentì dell’errato rapporto psicologico tra i militari e la popolazione civile, impedendo il
necessario sfruttamento delle locali fonti di informazione. Accadde spesso che non si cono-
scessero neppure le notizie più elementari sulle bande e sul terreno in cui operare: in questo
modo l’impiego dei reparti era gravemente ostruito. L’attività persuasiva mancò quasi del
tutto, non si fece molto per accattivarsi i civili: persisteva infatti l’errata convinzione di
reprimere con durezza, senza preoccuparsi di prevenire .
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I collegamenti con i comandi dipendenti erano assicurati a mezzo telegrafo (in cifra per
i dispacci riservati), o a mezzo di corrieri militari e civili. Mancavano le carte topografiche,
pertanto era molto arduo avventurarsi nei boschi e in terreni montani se non affidandosi
a guide locali, incorrendo così in severi inconvenienti per la sicurezza e segretezza dei mo-
vimenti.
L’organizzazione operativa
L’esercito fu costretto a modificare progressivamente dispositivi e procedimenti per
adeguarsi al particolare ambiente di lotta, così come l’organizzazione delle forze militari
subì nel tempo modifiche e adattamenti legati ai nomi dei generali che si avvicendarono
al vertice del VI Gran Comando . Nella prima fase, protrattasi dall’8 novembre 1860
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all’aprile 1861 e che vide il comando del generale Della Rocca, la strategia operativa fu
prevalentemente orientata a neutralizzare forme estese di reazione e di guerriglia poste in
atto da grosse formazioni di insorti e sbandati nelle province di confine con lo Stato pon-
tificio. Nell’impiego delle unità militari prevalse il criterio dell’accentramento delle forze e
dell’intervento a massa, con dispositivi a livello di reggimento o raggruppamento di armi e
l’utilizzo di specialità diverse per operazioni di rastrellamento. Per fronteggiare la reazione,
furono costituiti robusti complessi mobili delle tre Armi (fanteria-bersaglieri, cavalleria, ar-
tiglieria) che operarono nei territori più minacciati attraverso l’attacco sistematico di paesi,
conventi o altre località occupate dagli insorti.
Nella fase successiva, da maggio ai primi di luglio 1861, con il generale Durando entrò
in funzione l’organizzazione del territorio, articolata in cinque comandi di divisione terri-
toriale e 38 comandi provinciali e di distretto, che assunsero la direzione e la responsabilità
48 Cfr. p. G. FranzoSi, La Campagna contro il Brigantaggio meridionale post-unitario, op. cit., p. 78.
49 Il 1° gennaio 1861 il Quartier generale principale dell’Armata d’occupazione sarda nelle Italia me-
ridionale (IV e V Corpo d’Armata) fu sciolto, mentre continuarono a operare, quasi al completo, le
unità dei due corpi d’armata con il compito di concludere la campagna nell’Italia meridionale e re-
primere le prime manifestazioni del brigantaggio che furono poste sotto il Comando militare delle
province napoletane (V Corpo d’Armata). Con R.D. 4 aprile 1861 (cfr. Giornale militare 1861, “rela-
zione e r. decreto per l’istituzione di comandi militari nelle province napoletane e siciliane, nelle Mar-
che e nell’Umbria”, pp. 199- 204) fu costituito il 6° Gran Comando militare, con sede a Napoli, dal
quale dipendevano 5 comandi generali di divisione militare territoriale, 16 comandi militari di pro-
vincia, 38 comandi militari di distretto, e, per le province siciliane, 1 comando generale autonomo di
divisione militare territoriale. Nel 1867, con R. D. 22 agosto, vennero definitivamente soppressi tutti
i gran comandi dei dipartimenti militari, compreso quello di Napoli.
Capitolo primo