Page 38 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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           in Casalduni, saccheggiatori, incendiari, presi con la forza mentre erano latitanti” .
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              Questi provvedimenti riuscirono a contenere l’espansione del grande brigantaggio e
           costrinsero le bande ad abbandonare i paesi e trasferirsi sulle montagne. In effetti, però,
           l’azione delle forze militari si manifestò ancora inadeguata ai fini di una effettiva distru-
           zione del fenomeno. Pertanto, il vertice politico-militare, non riuscendo a battere il nemi-
           co sul piano tecnico-operativo, cercò di neutralizzarlo sul piano del manutengolismo con
           provvedimenti intesi a recidere ogni legame fra bande e popolazioni . Con l’avvento di La
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           Marmora, dal 1° novembre 1861 al settembre 1864, l’organizzazione delle forze militari
           passò gradualmente a soluzioni di largo decentramento: il generale confermò l’organizza-
           zione operativa esistente, aumentando però il numero delle Zone Militari e procedendo al
           loro ulteriore frazionamento in Sottozone. Ponendo sotto il controllo militare aree sempre
           più estese del territorio napoletano, si sperava di togliere spazio operativo alle bande. A
           tale scopo furono istituite basi operative di colonne mobili anche in piccoli centri rurali e
           masserie isolate, secondo il criterio di dislocare le unità d’impiego al centro delle aree più
           minacciate. Per la copertura di una così vasta area, le colonne mobili si frazionarono in
           piccoli distaccamenti, anche a livello di plotone. Inizialmente la gestione di La Marmora,
           non sostenuta da adeguate forze militari, subì l’iniziativa delle grosse bande che inflissero
           pesanti perdite ai reparti militari . Nei casi più eclatanti i comandi militari reagirono con
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           dispositivi e procedimenti tradizionali, consistenti nell’impiego di robuste colonne mobili
           lanciate all’inseguimento delle bande. La nuova organizzazione, più capillare e più dispen-
           diosa, inizialmente aggravò la sproporzione fra compiti e forze a disposizione e offrì nuove
           occasioni per attaccare i piccoli distaccamenti. La Marmora cercò d’intervenire con rigo-
           rose disposizioni per impedire l’impiego delle minori unità nei servizi perlustrativi, ma la
           limitata disponibilità delle forze, aggravata dalle condizioni sanitarie delle truppe, non ne
           consentì la messa in pratica. Solo dopo l’invio di consistenti rinforzi (con la proclamazione
           dello stato d’assedio le unità del 6° Gran Comando arriveranno gradualmente al numero di
           circa 120.000) i comandi militari riuscirono a superare la situazione di stallo e riprendere
           l’iniziativa .
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           L’evoluzione delle tecniche d’impiego
              La necessità di un radicale cambiamento nei criteri d’impiego delle unità militari fu
           avvertita e sollecitata da numerosi comandanti militari, anche di grado non elevato, che in
           alcuni casi adottarono d’iniziativa procedure e dispositivi più aderenti al particolare tipo di
           lotta, ma fu merito soprattutto di alcuni generali l’aver affrontato il problema con innova-



           50  AUSSME, Fondo G11 Brigantaggio, busta 9.
           51  Cfr. luiGi tuccari, Memoria sui principali aspetti tecnico operativi della lotta la brigantaggio dopo l’u-
              nità (1861-1870), op. cit., pp. 214-216.
           52  Scontri di Masseria Maraldi, Petrulli di Lucera, Lacedonia, Stornarella, Cascina di Francavilla nei
              pressi di Benevento, Avigliano, S. Croce di Magliano.
           53  Ibidem, p. 218.

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