Page 40 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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40 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
reggiate intese ad assicurare alle truppe adeguati turni di riposo commisurati al servizio
perlustrativo svolto (di massima, un giorno di servizio e un giorno di riposo); attraverso di-
rettive ai comandanti di distaccamento per “non stancare inutilmente le truppe, metterle al
coperto in caso di pioggia, ripararle in capanne o fabbricati durante gli appostamenti not-
turni”, naturalmente senza compromettere il compito assegnato; infine attraverso conces-
sione di premi in denaro in favore dei militari distintisi per particolari servizi resi e proposte
di ricompense per atti di valore compiuti. Riformò anche il settore ordinativo, con la costi-
tuzione di drappelli misti di fanteria o bersaglieri insieme alla cavalleria, affiancati sempre
da guardia nazionale per la particolare conoscenza di luoghi e persone e con la costituzione
di reparti di volontari scelti, da impiegare nelle missioni più ardite e pericolose. Nel settore
operativo, intervenne con la ripartizione del territorio da vigilare in settori di competenza,
affidati al controllo di drappelli e colonne mobili di forza variabile, in relazione alla situa-
zione ambientale. Frequenza e intensità dei servizi, erano tali da coprire permanentemente
l’intero territorio. L’esecuzione dei servizi perlustrativi avveniva prevalentemente di giorno
e di notte, solo se rischiarata dalla luna; con il concentramento in zona, in caso di avvista-
mento, di tutti i drappelli disponibili e ordine agli stessi di muovere frazionando le forze,
per raddoppiare le colonne in movimento; con, in caso di presa di contatto, l’orientamento
ad “appiattare la fanteria agli sbocchi e far manovrare la cavalleria, in modo da costringere
i briganti a passare nei punti d’imboscata”.
Pallavicini credeva nell’impiego della cavalleria anche per compiti di sicurezza alle co-
lonne in movimento, attribuendo, in caso d’inseguimento, ampia facoltà ai distaccamenti
di uscire dal territorio assegnato e chiedere il concorso delle truppe stanziate nelle Zone
Militari limitrofe. Le azioni di rastrellamento erano affidate all’intuito e all’iniziativa dei
comandanti, con l’usanza di far riposare la truppa, durante il rastrellamento notturno nei
boschi, rimanendo in posizione di “appiattamento” nei luoghi ritenuti più opportuni; ve-
niva dato il massimo impulso ai servizi di perlustrazione notturna con l’impiego, in qualità
di vedette, di soldati travestiti da contadini; era poi adottato il blocco, con reparti a livello
battaglione, dei paesi durante le operazioni di rastrellamento, al fine di impedire aiuti alle
bande o per ricercare briganti e manutengoli nascosti negli abitati. Nell’organizzazione del
comando, l’esperto generale intervenne con l’istituzione di un comando tattico mobile col-
legato con le colonne in movimento e dislocato al centro della zona di operazione, in caso
di cicli operativi prolungati, condotti con la maggior parte delle forze a disposizione, dando
ampia libertà ai comandanti di distaccamento nello “stabilire il giro e le operazioni di cia-
scuna colonna”; assegnando ai distaccamenti drappelli di cavalleggeri, da impiegare come
portaordini per la rapida trasmissione di notizie, alle colonne in movimento un servizio di
guida fornito, a pagamento, dai comuni, qualora non fossero disponibili in sede reparti di
guardia nazionale mobile a cavallo; realizzando intese preventive fra comandanti di Zona,
Sottozona e Scompartimento, per assicurare il massimo coordinamento dell’azione .
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Riassumendo, l’organizzazione di Pallavicini realizzò, proprio nei territori più proble-
56 Cfr. luiGi tuccari, Memoria sui principali aspetti tecnico operativi della lotta la brigantaggio dopo l’u-
nità (1861-1870), op. cit., pp. 220-232.
Capitolo primo