Page 46 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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46 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
nelle province meridionali; il quarto regolava i principi per la loro dislocazione e, infine, il
più importante, il quinto, definiva la natura del servizio.
Riguardo al primo , Pallavicini analizzava le fasi dell’azione delle bande che, quando
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non erano costantemente perseguitate, si univano in grosse formazioni che arrivavano a
minacciare i piccoli centri e i distaccamenti militari più isolati, quando invece il maggior
concentramento di forze per la repressione assumeva un andamento più energico, i briganti
abbandonavano le zone vicino ai loro paesi di origine e si ritiravano nelle aree montuose,
più inaccessibili, o si spostavano in altre province, dove la pressione era meno forte, sfug-
gendo così alle truppe. Per evitare ciò era necessario attivare un sistema di pattugliamento
continuo, attraverso il dispiegamento di un numero sufficiente di distaccamenti militari,
tale da coprire tutta la zona d’interesse. In questa prima fase di rastrellamenti continui, do-
vevano essere adottate speciali misure di polizia capaci di dare la possibilità di intercettare le
mosse dei briganti: in sostanza bisognava recidere il rapporto tra le bande e i loro sostenitori
(“i famigerati manutengoli”), in modo da isolarle completamente. Senza “santuari” in cui
rifugiarsi e senza il sostegno logistico e informativo dei fiancheggiatori, le bande avrebbero
rinunciato alle aggressioni “per mirare esclusivamente alla propria salvezza”, rintanandosi
nei nascondigli. Subentrava, quindi, la seconda fase, in cui le misure di polizia dovevano
essere potenziate, anche con il concorso della popolazione civile, ormai libera dalla minac-
cia brigantesca, in modo tale da condurre operazioni mirate alla loro cattura e distruzione
definitiva.
Nel secondo punto , strettamente collegato al quarto relativo alla dislocazione delle
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forze , Pallavicini affrontava la questione del controllo del territorio che risolveva, come
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prima di lui avevano fatto Cialdini e La Marmora, attraverso la costituzione di specifici
comandi operativi destinati esclusivamente alla lotta del brigantaggio in una determinata
72 Ibidem, pp. 10-13.
73 Ibidem, pp. 13-14. “Speciali comandi istituiti per la repressione del brigantaggio e loro dipendenze. Le re-
gioni infestate dal brigantaggio vanno oggidì divise in Zone e Sotto-zone militari, in Scompartimenti
e Distaccamenti; di queste divisioni ciascuna avrà la propria delimitazione ed il proprio comandan-
te. I comandanti di distaccamento saranno direttamente alle dipendenze del comandante del proprio
battaglione, che, nel contempo, è comandante di Scompartimento. I comandanti di Scompartimen-
to, per tutto ciò che concerne brigantaggio, dipenderanno direttamente dal comandante della Sotto-
zona, di cui fanno parte. I comandanti di Sotto-Zona dovranno dipendere dal comandante della pro-
pria Zona. I comandanti di Zona, in ultimo, dipenderanno immediatamente da questo Comando
Generale”.
74 Ibidem, pp. 15-16. ”Principi che regolano la dislocazione delle forze. La dislocazione che oggi vien data
alle truppe, che dipendono da questo Comando generale per la repressione del brigantaggio, è infor-
mata al principio di avere possibilmente un battaglione alla sede di un comando Zona e tre compa-
gnie alla sede di un comando di Sotto-zona; dalle quali forze esclusivamente sarebbero dati i distac-
camenti di guardia ai block-aus e quelli per la sicurezza degli stradali; e di avere due compagnie alla
sede di un comando di battaglione o di Scompartimento; di tenere non meno di una compagnia alla
sede di un comando di distaccamento, se questo rattrovasi in una zona solitamente infestata da bande
numerose; e di tenere infine distaccamenti di mezza compagnia là dove il malandrinaggio è rappre-
sentato da orde di non più di 5 o 6 malfattori”.
Capitolo primo