Page 92 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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           analizzando fascia per fascia che si sarebbe compreso come condurre le operazioni.
              La fascia costiera compresa tra Zuara e Tagiura era strategicamente di fondamentale
           rilevanza, e doveva quindi essere tenuta sempre sotto controllo, per la presenza di due
           importanti nodi carovanieri, Suani Ben Adem e Fondugh Ben Gascir. Controllare quelle
           località con i loro pozzi significava avere il controllo della regione, rimasta sino ad allora in
           mano agli arabi che, con gli italiani trincerati sulla costa, l’avevano utilizzata per raccoglier-
           vi e organizzarvi le loro forze . Semplici da proteggere, Homs e Misurata non richiede-
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           vano l’organizzazione difensiva di una città come Tripoli, mentre per le altre due zone era
           da escludersi, almeno al momento, qualunque tipo di organizzazione presidiaria: bastava
           il controllo dei capi filo italiani e la presenza di qualche reparto di gendarmi per azioni di
           semplice polizia locale. Se poi, ci fosse stato bisogno di un vero e proprio intervento del
           Regio Esercito, questo avrebbe dovuto essere condotto rapidamente e con decisione, dando
           una lezione destinata a durare nel tempo .
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              Per Badoglio l’occupazione militare doveva avvenire in tre momenti: mettere la costa
           in sicurezza; prendere il controllo dell’entroterra, condurre azioni rapide e di sorpresa a
           distanze compatibili con le possibilità della logistica . Le truppe nazionali dovevano pre-
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           sidiare le città, mentre i territori circostanti avrebbero dovuto essere battuti da colonne
           mobili formate per lo più da reparti di colore, con il contributo dell’aviazione alla quale i
           guerriglieri non avevano nulla da opporre.
              In seguito il generale Mezzetti si sarebbe soffermato sulle tattiche adottate dal nemico
           che, a suo giudizio, si potevano ricondurre a due distinte modalità d’azione:

              -  per mezzo di forti nuclei armati che tentano di attaccare i nostri presidi, le nostre
                 colonne leggere, le nostre carovane e che difendono il possesso di luoghi importanti
                 quali riserve d’acqua, territori di rifugio, ecc.
              -  con colpi di mano (razzie) sui beni dei sottomessi. Questi colpi di mano vengono
                 eseguiti quasi sempre da piccoli nuclei i quali attuano piani lungamente studiati che
                 si avvalgono delle deficienze che possono scoprire nell’organizzazione della difesa
                 dei beni stessi e spesso anche del tradimento .
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              Nel primo caso la reazione doveva essere sviluppata dalle truppe dipendente dall’auto-
           rità militare, nelle seconde da quelle che Mezzetti chiamava forze di polizia (daurie-bande-
           carabinieri), dipendenti invece dall’autorità politica. Il generale proponeva poi una consi-
           derazione che dimostra la maturità della sua visione quando l’Etiopia era ancora lontana:
           per avere un controllo del territorio che fosse veramente tale e non solo scritto sulla carta,



           222 Ibidem.
           223 Ibidem.
           224 Ibidem. Si veda anche tel. n. 1413 Gab. del 20 giugno 1930, a Graziani, firmato Badoglio, ACS,
              FG, scatola 8. Alle operazioni a largo raggio, dimostratesi inutili, dovevano subentrare quelle a
              campo ristretto.
           225 Lettera del generale Mezzetti circa la situazione politico-militare in Cirenaica, n. 19340 del dicembre
              1928, AUSSME, Fondo L-8, busta 175, fascicolo 6.

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