Page 87 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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Il RegIo eseRcIto e le opeRazIonI dI polIzIa colonIale In afRIca (1922-1940)  87

                   mandante alimenta con l’invio di rinforzi, ma in questo modo lo sforzo grava solo
                   su pochi e non è detto che funzioni .
                                                199
                 E’ difficile dire oggi quale delle due soluzioni fosse la migliore, anche perché le varianti
              in campo erano molte, dall’efficienza della truppa all’abilità dei comandanti, dalla chiarezza
              degli obiettivi all’impostazione del combattimento, anche se è comunque chiaro il ruolo
              fondamentale dell’avanguardia in queste situazioni. Nel 1919 a Zavia (Tripolitania), nel
              1923 a Sidi Kolm Gelas e Bir Carrarim, nel 1927 a Halugh el Gir (Cirenaica) l’insieme di
              questi elementi si rivelò vincente.
                 Per ottenere la massima efficacia nell’impiego delle forze disponibili bisognava liberare
              lo scaglione di combattimento dallo scaglione di supporto, e cioè dal convoglio dei rifor-
              nimenti, che andava però protetto, collocandolo in posizione defilata e rafforzandone nel
              caso la scorta. Per poter contare sulla totalità delle forze disponibili, anche i conducenti
              dovevano essere addestrati al combattimento e all’occorrenza riunirsi in drappelli agli or-
              dini del comandante delle salmerie del proprio reparto, organizzati a loro volta in buluc,
              plotoni, a disposizione del comandante dello scaglione, la cui scelta era di fondamentale
              importanza in quanto la gestione, e la protezione, della carovana era determinante per il
              successo dell’operazione . Più in generale durante il combattimento i comandanti avreb-
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              bero dovuto:

                 -  rendersi conto il prima possibile del fronte e della formazione assunta dal nemico;
                 -  estendere fino a 3-4 km il servizio di sicurezza sui fianchi della colonna;
                 -  decidere come posizionare e proteggere il convoglio;
                 -  mantenere una formazione molto diradata anche a distanze inferiori ai 2.000 metri;
                 -  avanzare inizialmente con la fanteria in ordine sparso, alternando movimento e fuo-
                   co, per fare consumare al nemico più munizioni possibile;
                 -  fare entrare al più presto in azione l’artiglieria, che a 2 km di distanza può comun-
                   que ottenere buoni risultati;
                 -  prevenire il nemico sul terreno;
                 -  impiegare in modo oculato la cavalleria evitando che impegni combattimento da
                   sola, coprendo il settore di tiro dell’artiglieria ed esponendosi a gravi perdite;
                 -  conservare la disponibilità di una riserva fino quasi a combattimento ultimato;
                 -  predisporre un’abbondante scorta di munizioni .
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                 Mezzetti era convinto poi dell’importanza del ruolo degli ufficiali, ma si rendeva conto
              che avrebbero dovuto distaccarsi dagli schemi tradizionali perché inutili in colonia: “Chi
              comanda” deve avere “una grande agilità di mente per interpretare e valutare le circostanze




              199 Federica Saini FaSanotti, Libia 1922-1931. Le operazioni militari per la riconquista, op. cit., p. 47.
              200 ottorino Mezzetti, Guerra in Libia. Esperienze e ricordi, op. cit., p. 61.
              201 Federica Saini FaSanotti, Libia 1922-1931. Le operazioni militari per la riconquista, op. cit., p. 48.
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