Page 83 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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Il RegIo eseRcIto e le opeRazIonI dI polIzIa colonIale In afRIca (1922-1940)  83

              menta, concentrare gli attacchi su punti chiave del fronte opposto e, dopo averli occupati,
              sorpassarli velocemente con tutte le unità disponibili, serrare lo schieramento antagonista
              in una morsa a tenaglia e soprattutto non perdere mai il contatto col nemico, impedendone
              la fuga. Sulla base di quanto si è detto sinora, per agire nel deserto era fondamentale:

                 -  impiegare colonne leggere, ma ben fornite di mezzi moderni e con un’ottima logi-
                   stica;
                 -  agire il più rapidamente possibile per cogliere di sorpresa il nemico, giocando, se
                   necessario, anche d’azzardo attraverso la diffusione di voci infondate sulle direttrici
                   di avanzata;
                 -  valersi in territorio desertico e pre-desertico della fanteria sahariana e di reparti
                   montati su mehari;
                 -  manovrare il più possibile per linee esterne per arrivare ad aggirare l’avversario e
                   costringerlo al combattimento;
                 -  comprendere l’importanza del ruolo dei comandanti, anche di quelli di grado più
                   basso, che in colonia, più che altrove, potevano trovarsi ad agire del tutto isolati “col
                   grave peso di una somma di responsabilità veramente non comune”.

                 Nell’ottobre del 1926 Pietro Maletti, un comandante discusso soprattutto per le vi-
              cende etiopiche, scrisse per la “Rassegna Italiana” un articolo sul territorio della Sirtica
              che tanto bene conosceva, analizzandone le caratteristiche climatiche, ambientali ed etno-
              grafiche e mettendo in evidenza il carattere di quelle genti che spesso mal si sopportavano
              anche fra loro. Al riguardo, le sue conclusioni meritano di essere riportate integralmente:
              “[…]Chiunque voglia comandare durevolmente e sicuramente in Libia deve soddisfare a
              tre condizioni essenziali: esser forte, esser giusto, avvantaggiare il paese. La forza trae seco il
              rispetto, l’obbedienza, la disciplina, l’ordine; bisogna dunque esser forti. La giustizia conci-
              lia la fiducia, la stima, la devozione; bisogna dunque esser giusti. Le opere benefiche, cioè lo
              sviluppo economico del paese, la elevazione materiale e morale delle condizioni di vita della
              popolazione sono la casa in comune entro la quale conquistatori e conquistati nei momenti
              gravi si asserragliano per difendersi in quella solidarietà istintiva che viene dalla comunanza
              di interessi; bisogna quindi innalzare il paese e costruire quella rete d’interessi che unisce.
                 Esser forti non vuol tanto dire aver molti e grossi battaglioni quanto aver una linea di
              condotta politica in armonia col livello civile dell’ambiente e dei rapporti tra conquistatori
              e sottomessi, come dimostrò il Conte Volpi ottenendo con poche truppe ciò che prima
              non era stato ottenuto con forze senza confronto superiori, e ottenendolo per virtù di armi,
              rifiutando sdegnosamente quelle compromissioni che tanto ci nocquero e tanto scossero il
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              nostro prestigio in Libia in un non lontano passato” . Era la stessa opinione del generale
              Guglielmo Nasi: in colonia più dell’azione militare era importante quella politica, in quan-

              183 La Regione Sirtica, firmato Pietro Maletti, ottobre 1926, AUSSME, Fondo L-8, busta 186, fascicolo
                 1. Si legga anche, riguardo a riflessioni generali sulla guerra in colonia, il pensiero del generale Mal-
                 landra, in G. A. Mallandra, L’operazione di Taslèmet (Cirenaica-Gennaio 1929), in “Rivista Militare”,
                 Roma, 1929.
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