Page 84 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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84 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
to il fine ultimo della controguerriglia erano il disarmo della popolazione e la sua sottomis-
sione . Col nemico spesso sembrava di giocare a rimpiattino, come nell’episodio che ebbe
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per protagonista l’allora tenente colonnello Maletti, avvenuto durante le operazioni sul 29°
parallelo, nell’area dei pozzi di Merduma. Si era ai primi di gennaio del 1928, all’insegui-
mento dei Mogarba di Saleh el Lateusc. Il nemico, nonostante l’inferiorità numerica, aveva
provato ad attaccare, spingendo in avanti mandrie di cammelli, tra i 400 e i 500 capi, tra
le quali si nascondevano gli insorti facendo fuoco all’impazzata. Fu necessario colpire gli
animali per eliminare quello schermo protettivo e nonostante i cammelli rimasti fossero
stati poi radunati, nella notte i beduini riuscirono a recuperarne un buon numero, in barba
alle ronde di vigilanza .
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I guerriglieri di solito non fanno prigionieri, e anche le truppe impegnate in azioni di
controguerriglia che spesso devono muoversi in territori impervi, lontano dalle loro basi e
circondate dall’ostilità della popolazione, sanno che i prigionieri possono essere di intralcio.
Nell’esperienza italiana casi del genere si sono avuti sia in Libia sia in Etiopia: in condizioni
climatiche e ambientali proibitive, a volte trascinarsi dietro prigionieri poteva avere conse-
guenze disastrose. Nel deserto, lontano da pozzi d’acqua, con le risorse idriche misurate alla
goccia, chi avrebbe rischiato di morire per l’avversario privandosene? E fra le ambe scoscese,
chi si sarebbe sobbarcato il peso dei feriti? E a indurire gli animi c’era la consapevolezza
che l’avversario non concedeva quartiere. Tanto per fare un esempio, durante le operazioni
nella Ghibla, nella primavera del 1929, un biplano Ro.1 con 3 uomini d’equipaggio, rien-
trando da Bu Ngem a Sirte, a causa di un’avaria fu costretto ad atterrare 40 km a nord-est
dal punto di decollo: i tre vennero intercettati e uccisi da un gruppo Orfella .
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La dottrina
Già nel 1919 il governatore Garioni aveva stilato le prime norme tattiche per la
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controguerriglia anticipando le teorie di Nasi e Graziani. Il generale trevigiano sosteneva
l’importanza di sganciarsi dal modus operandi della guerra di trincea, e soprattutto “dalla
tendenza a proiettare tutti in linea sin dalle prime avvisaglie” perché ciò dava al nemico la
possibilità di tentare l’aggiramento delle ali. Le forze disponibili andavano scaglionate in
profondità, impiegandole progressivamente in base alle esigenze del momento, ma resisten-
do alle continue richieste di rinforzi. Secondo Garioni era opportuno avere “pochissime
184 GuGlielMo ciro naSi, operazioni Coloniali, Scuola di Guerra, anno 3°, 55° corso, 1925-1928.
185 Relazione sull’inseguimento operato nei giorni 11-12-13 corrente, a Graziani, tel. n. 36 op. firmato Ma-
letti del 13 gennaio 1928, ACS, FG, scatola 4, fascicolo 6, sottofascicolo 6, tel. n. 36 op.
186 Relazione sull’ultimo ciclo operazioni a tutto il 27 aprile, al Ministero delle colonie, firmato Badoglio
del maggio 1929, AUSSME, Fondo L-8, busta 175, fascicolo s.n.
187 Raccomandazioni di ordine tattico, firmato Garioni, Tripoli, n. 4148 del 13 aprile 1919, Governo della
Tripolitania, Stato Maggiore, AUSSME, Fondo L-8, busta 171, fascicolo 9.
188 GuGlielMo ciro naSi, operazioni Coloniali, Scuola di Guerra, anno 3°, 55° corso, 1925-1928, e la
guerra in Libia, Estratto dalla “Rivista Militare Italiana”, Roma, 1927.
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