Page 82 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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           no, delle autoblindo, degli autocarri e delle stazioni radiotelegrafiche campali. Quando ci
           si trovava davanti ad operazioni a largo raggio, magari di centinaia di chilometri, i velivoli
           e la radio avevano un valore risolutivo e fornivano quell’elemento di superiorità necessario
           per battere il nemico, come cominciò a essere evidente nelle azioni di Bir Sciueref e Umm
           Melah tra il 1928 e il 1929, nei territori della Giofra, della Ghibla, nel deserto sirtico e
           nell’Hammada. Le autoblindo-mitragliatrici erano l’ideale nel deserto dal fondo sassoso e
           duro, ma davano problemi sulle dune, potendo facilmente insabbiarsi, ed erano in difficol-
           tà anche sui terreni più impervi e rocciosi.
              Uno degli elementi fondamentali ai fini di un controllo completo del territorio era l’e-
           splorazione: nella seconda metà degli anni Venti, in Libia, si fece forse troppo affidamento
           su quella aerea, tralasciando la terrestre e chiamando in causa il velivolo ogni qual volta fos-
           se segnalato un gruppo nomade o una carovana sospetti. Questo stesso problema si sarebbe
           ripresentato durante le operazioni di polizia coloniale in Etiopia dove più di una volta i
           comandi saranno invitati a non eccedere nelle richieste di intervento, privilegiando questa
           soluzione spesso non pagante dal punto di vista del rapporto costo-efficacia, a discapito di
           un capillare controllo del territorio attuato piccole pattuglie, costituite prevalentemente da
           soldati indigeni.
              Il deserto richiedeva poi norme specifiche anche per il combattimento per eccellenza,
           quello offensivo: dopo i numerosi scontri avvenuti a cavallo fra il 1928 e il 1929, furono
           individuati alcuni punti fondamentali:

              -  […] fronti nemiche di debole consistenza ma molto ampie in confronto alla forza
                 impiegata, dietro le quali in genere trovasi il vuoto (mancanza di rincalzi e di riser-
                 ve);
              -  relativa facilità di determinare la rottura della fronte nemica con forze non eccessi-
                 vamente considerevoli per la ragione suesposta;
              -  minore necessità di avere forti scaglionamenti in profondità potendo generalmente
                 le unità avanzate progredire con i propri mezzi;
              -  opportunità di agire, in concomitanza coll’attacco frontale, anche contro una delle
                 ali nemiche, ed eventualmente contro entrambe, per assicurarsi il successo in modo
                 più concreto e decisivo. 182

              Inizialmente, per fronteggiare la tecnica di aggiramento tipica dell’avversario, si era agi-
           to su fronti troppo ampie e, proprio attraverso queste esperienze, si era deciso che dovessero
           essere comunque maggiori di quelle utilizzate in territorio metropolitano. Nel combatti-
           mento bisognava cercare di avvicinarsi il più possibile alla linea nemica tenendo presente
           che, di solito, gli avversari erano armati solo di fucili, bisognava sviluppare in maniera
           continuativa l’attività di pattuglia, scegliere una posizione da utilizzare come perno della
           manovra, sistemandovi il comando e l’artiglieria e nelle immediate vicinanze le impedi-



           182 Relazione sulla situazione ed avvenimenti nel sud tripolitano (Primavera 1929), firmato Graziani, AUS-
              SME, Fondo L-8, busta 158, fascicolo 12.

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