Page 85 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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Il RegIo eseRcIto e le opeRazIonI dI polIzIa colonIale In afRIca (1922-1940)  85

              forze in testa – italiane se possibile – impiegate frontalmente”, contro le quali il nemico
              avrebbe dovuto impegnarsi ed esaurire il proprio slancio, e alle spalle di queste avrebbero
              dovuto essere disposte le altre truppe scaglionate, similmente alla formazione in linea di
              Wolseley. Non bisognava dimenticare che l’avversario poteva contare su un efficiente, otti-
              mo secondo Garioni, servizio informazioni ed era molto abile nello sfruttare la sorpresa e
              nell’imporre i tempi dell’azione sottraendosi al contatto con la fuga, attuata quasi sempre
              con le modalità della “ritirata eccentrica”, ovverosia dello sbandamento. Gli italiani non
              avevano, invece, un servizio informazioni all’altezza, la stessa aviazione era ancora lontana
              dai livelli che avrebbe raggiunto di lì a pochi anni, e anche i collegamenti erano insoddi-
              sfacenti. Inoltre, per quanto riguarda la sorpresa, preso atto delle difficoltà a realizzarla
              bisognava almeno evitare di subirla: “Se non possiamo sorprendere, dobbiamo però, in
              modo assoluto, evitare le sorprese a nostro danno. Chi si lascia sorprendere è colpevole,
              quale si sia [sic] il tempo e il luogo” . La capacità di prendere e mantenere il contatto con
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              l’avversario era scarsa e comunque non sufficiente, occorreva in questo senso utilizzare di
              più i reparti libici ed eritrei, abituati ai terreni impervi della colonia. Di contro le truppe
              italiane avevano una grande capacità di resistenza nel combattimento che andava sfruttata
              al massimo. Per Garioni bisognava quindi:

                 -  conservare sempre, ad ogni costo, la calma;
                 -  impegnare frontalmente il nemico, senza mostrare, inizialmente, la nostra prevalen-
                   za su di esso, attirandolo, allettandolo anzi ad avvolgerci; quando il nemico si sia
                   lasciato indurre ad impegnarsi, lanciare la massa di riserva sul suo rovescio;
                 -  è inutile l’inseguimento all’europea, tranne eccezionalmente per qualche piccolo
                   nucleo. Il contatto va ripreso coi velivoli .
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                 Gli ordini dovevano essere precisi e comprensibili per tutti, senza lasciare pericoloso
              spazio all’interpretazione individuali, l’impiego degli automezzi doveva essere ridotto a mi-
              nimo, per evitare i convogli, e date le difficoltà nei trasporto, l’artiglieria doveva fare un uso
              oculato delle munizioni, con riprese di fuoco violente ma brevi. Allo stesso modo era da
              escludere l’impiego massiccio delle mitragliatrici, privilegiando sempre il tiro d’infilata .
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              L’azione del Genio, che di solito si sviluppava a sera, a fine tappa, assumeva un nuovo signi-
              ficato. In ogni caso Garioni chiedeva ai suoi ufficiali di risparmiare il più possibile le forze
              dei soldati, che avrebbero dovuto muoversi avendo al seguito il minimo indispensabile,
              in quanto in colonia “portare il superfluo è colpa” . Muoversi e operare in quelle regioni
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              desertiche era infatti davvero un’impresa, persino per i gruppi dissidenti che le conoscevano
              bene. C’era acqua solo in alcune località, spesso vicino alle carovaniere, era quasi impossi-



              189 Raccomandazioni di ordine tattico, firmato Garioni, Tripoli, n. 4148 del 13 aprile 1919, AUSSME,
                 Fondo L-8, busta 171, fascicolo 9, Governo della Tripolitania, Stato Maggiore.
              190 Ibidem.
              191 Ibidem.
              192 Ibidem.
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