Page 103 - L'ITALIA DEL DOPOGUERRA - L'Italia nel nuovo quadro Internazionale. La ripresa (1947-1956)
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             staro destinato al rimborso del debito pubblico,  il 9% aU'agricolrura,  il 10%
                                                          '
             all'industria, il 6,2% aJJe  attlvitll  esrrau:ive,  il 24,8% al 'trasponi, 18% circa alle
             abitazioni, 1'1,8% agli armamenti e 1'1,1 % ad altri impieghi <27>,
                Va  deuo  che le scelte  per la  utilizzazione  del  "Fondo  lire"  non furono
             pacifiche. Gli americani ritenevano infatti che vi dovesse essere una maggiore
             dlsponibilitll ad investire nelle anivitll industriali, in modo da a!lar&are l.e  basi
             dell'economia  reale e  rilevavano  la  mancanza  dJ  un  progetto organico che
             stabilisse obiettivi da conseguire e priorità da rispettare < >.
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                James Zellerbach attribuiva il prevalere degli acquisti di merci di base,
             come  carbone, cereali,  ferro  e, per contro,  la  rela.tlva  marginaUlll  dei  benì
             strument:IH  proprio  all'assenza  di un  •progetto"  di  sviluppo dell'apparato
             produttivo <29>.  E,  per questo, sollecitò pill  volte il  governo a  fornire almeno
             "un  simulacro•  di  programma C30l,  Per gli  ame.ricani  "the italians  needed  a
             national  investment  budget  ~'"hich w!ll  be  not merely the surns of projeas
             which  the  various  agendes  happen to have ready at  hand,  but  rather,  the
             result of careful analysis of the direction  in which ltaly's capitai plani should
             be expanded" m>.
                Da questo punto di vlsta  il confronto con i francesi ero fortemente  nega-
             tivo.  Gli  americani  ritenevano  che  il "Pian de  modemisarion•  elaboratO  da
             Jean  Monnet  costituisse non solo un  buon esempio di come  Impiegare al
             meglh>  le  risorse dell'ERP  ma  anche la dimostrazione d1e,  In Francia,  vi era
             chiart:zza  di idee  circa  il  cammino da  percorrere per proietrare  un sistema
             economico-sociale duramente  provato dalla guerra verso  traguardi di autenti-
             co sviluppo oz>.
                Il fatto è  che i fr.mcesi, e In primo luogo De Gaulle, avevano beo presen-
             ti: l'esigenza  assolura  di  ri:mivare  un  processo di  modemiu.azione che era
             .~lato sconfino dal  perdurante ruralismo e  dal  fonnldabile  dinamismo  dimo-
             strato dai cedeschi dalla fine deii'Ouocenro in poi e specialmente nella secon-
             da pane degli anni trenta <33>.
                Ma  gli orientamenti di una pane del governo e della classe poUtica italia-
             nn  non collimavano con questa visione.  Una.  classe dirigente che, da sempre,
             si  era  mostrata  molto restia  ad affrontare  i  problemi strutturali  e  a  risolverli
             :mmverso interventi appropria[] e  non contingenti, er-d  di per sé culturalmente
             molto distante dal modo dl vedere degli americani.
                Nel  primo rapporto sull'anuauone del  Piano  Marshall  In Italia  (il noto
             Country Study) si diceva Infatti che "un graode ostacolo  nella  ripresa italiana
             e  nel  raggiunglmemo degli  obiettivi  E:RP  In  Italia  è  dato dalla  mancanza  di
             mezzi efficaéi per la  formulaZÌone dei piani economiCi generali e  della politi-
             ca economica del paese e  per garantirne l'attuazione" <34>.
                Inoltre non vi era consenso sulle scelte da fare  iruomo alla destinazione
             del "Fondo lire".  Ugo La  Malfa  proponeva di impiegare le disponibili~ negli
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