Page 417 - La Grande Guerra segreta sul fronte Italiano (1915-1918) - La Communication Intelligence per il Servizio Informazioni
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CAPITOLO QUINDICESIMO
nell’eliminazione di tutte le linee telefoniche all’interno dei Reggimenti e nella riduzione al mi-
nimo indispensabile «delle linee telefoniche facenti capo agli osservatori avanzati dei comandi».
Naturalmente, misure siffatte non riducono la possibilità di intercettare i dispacci trasmessi entro
i 3 km dalle trincee e si ribadisce pertanto quanto già prescritto sin dall’inizio del 1916 riguardo
all’impiego della trasmissione dei fonogrammi in cifra. Si prescrive, in particolare, che «in tutte
le rimanenti linee telefoniche (di artiglieria, di fanteria, di comandi, difesa antiaerea, servizio
fotoelettrico, ecc.) esistenti per la profondità di 10 km dalla prima trincea, le comunicazioni co-
munque attinenti ad operazioni, truppe, dati di forza, movimenti, rifornimenti e simili, dovranno
essere completamente cifrate».
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15.5 CIFRARI TELEFONICI
i codici di trincea
W. F. Friedman osserva come prima e durante i primi due anni della guerra i codici fossero
considerati inadatti all’impiego sui campi di battaglia e, in realtà, l’inizio del loro impiego nel
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1916 è da ascriversi alla diffusione delle comunicazioni telefoniche combinata con la relativa
facilità della loro intercettazione. All’inizio del 1916, i Francesi subiscono infatti ingenti perdite
a causa del fuoco di artiglieria nemico diretto con precisione su obiettivi involontariamente in-
dicati durante improvvide conversazioni telefoniche intercettate dai Tedeschi. Per evitare questi
gravi episodi, l’Esercito francese e subito dopo gli altri eserciti belligeranti, iniziano a cifrare i
fonogrammi mediante i così detti carnet de chiffre. 65
I primi cifrari di questo tipo, detti anche carnet réduit, spesso delle semplici tabelle, servono a
codificare le parole più importanti dei fonogrammi, lettera per lettera, mediante gruppi di due
cifre da pronunciare separatamente e chiaramente nella trasmissione telefonica. In un secondo
tempo, i Francesi sostituiscono le due cifre con tre lettere cambiate periodicamente. Gradual-
mente, a queste tabelle si affiancano frasari contenenti un numero limitato di frasi o di termini
di uso corrente, trasformati in gruppi di cifre o di lettere o in parole convenzionali facilmente
pronunciabili.
Con il diffondersi della radiotelegrafia nelle unità combattenti subordinate, i carnet de chiffre
finiscono per essere utilizzati anche a questo scopo, ma contemporaneamente tendono a divenire
più complessi, e assumono la forma di veri e propri repertori.
Diventano quindi simili ai codici usati dagli alti comandi, ma di dimensioni ridotte.
I codici di trincea trovano impiego in tutti gli eserciti belligeranti, inizialmente per comunica-
zioni telefoniche, subendo poi un’evoluzione simile a quella verificatasi nell’Esercito francese.
Presso gli Inglesi sono noti con il nome di trench codes, mentre i Tedeschi passano, nel corso
del 1917 dalle semplici Befechlstafel (tabelle di comando) o Geheimstafel (tabelle segrete) ai
più complessi Salzbuch (libri di frasi), disordinati a tre lettere e infine nel 1918 a cifrari ordinati
sopra cifrati, come il Schlüsselheft di cui si è discusso in precedenza (Capitolo 13.3).
Anche nell’Esercito italiano, a livello d’Armata o inferiore, si introducono nel corso del 1916,
diverse tipologie di “codici di trincea”, inizialmente costituiti da semplici tabelle o frasari conte-
nuti in una sola pagina e facili da ritenere a memoria che, opportunamente migliorati, rimangono
ciascuna con due centralini a cui fanno capo le zone anzidette. La trasmissione dei fonogrammi tra le due aree deve quindi
necessariamente avvenire con trascrizione e rilettura, prolungando i tempi nella catena di comando e controllo.
63 Cifrari convenzionali trovano impiego anche nelle radiocomunicazioni con particolari finalità come la cifrature delle
firme dei dispacci.
64 W. F. Friedman, Advanced Military.., op.cit., p.2,3.
65 Le notizie riportate in questo paragrafo sono tratte per la maggior parte da: M. Giviérge, op. cit. e da F. L. Bauer, op. cit.,
p.76 -77.
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