Page 425 - La Grande Guerra segreta sul fronte Italiano (1915-1918) - La Communication Intelligence per il Servizio Informazioni
P. 425
CAPITOLO SEDICESIMO
botte” e obice; “barile” o “tinozza” e mortaio, aggiungendo inoltre i relativi calibri espressi in
ettolitri. Talvolta i termini convenzionali erano in lingua ungherese, come nel frasario della 20 a
6
Divisione Honved che usava per esempio la parola “cane” (kutya) per mitragliatrice e “elefante”
per lanciabombe.
Gli Italiani riescono, di solito, con un po’ di pratica derivante da numerose intercettazioni, a
comprendere i significati di questi semplici linguaggi. Ovviamente, a chi manchi questa espe-
rienza acquisita con il paziente lavoro di intercettazione, i termini usati dagli avversari possono
apparire innocui o incomprensibili.
Un testimone diretto delle intercettazioni compiute dagli italiani, rievoca la disavventura occorsa
a un giovane Ufficiale interprete appena arrivato al fronte, che dopo il suo primo turno di ascolto
effettuato durante la notte, al mattino seguente dichiara al Comandante della Stazione I.T. di non
aver alcuna notizia da segnalare perché gli Austriaci avevano parlato solo di “cioccolata”, “zuc-
chero” e “caffè”. Egli non era stato preventivamente informato dai suoi colleghi sulla corrispon-
denza tra i nominativi convenzionali - scelti dagli Austriaci ancora una volta tra le desiderate
cibarie - e le diverse unità del loro esercito come battaglione, compagnia, ecc. 7
L’abbondanza delle informazioni ottenute durante tutto il conflitto, dal sistema di intercettazione
telefonica italiano dimostra un limitato utilizzo da parte austriaca di cifrari veramente resistenti
alla decrittazione e naturalmente anche l’abilità degli interpreti italiani nell’impadronirsi rapida-
mente dei significati di parole convenzionali inserite nei fonogrammi.
Come si dimostrerà tra breve, gli Austro ungarici non hanno percepito almeno fin dopo la sfon-
damento del fronte dell’Isonzo, la reale entità dalle intercettazioni italiane e sembra quindi che
abbiano esercitato sulla “libertà di chiacchiera” controlli meno severi di quelli posti in essere
successivamente. Infatti, col trascorrere dei mesi di guerra e soprattutto dopo Caporetto, le pre-
cauzioni da essi poste in essere per mascherare le comunicazioni telefoniche, andranno rapida-
mente aumentando.
Prima di illustrare alcune tra le numerose comunicazioni telefoniche austriache, trascritte dalle
stazioni d’intercettazione italiane, che hanno assunto un rilevante ruolo informativo, finendo per
costituire una formidabile arma per l’Intelligence italiana, è d’uopo soffermarsi su alcuni aspetti
organizzativi del servizio IT che, unitamente ai perfezionamenti tecnici adottati, hanno consen-
tito di conseguire tali successi.
16.2 L’ORGANIzzAzIONE DEL SERVIzIO
disomogeneità iniziaLi ed evoLuzione organizzativa
Nel corso del 1916, il Servizio IT si sviluppa in modo differente nelle quattro Armate mobilitate,
anche per la diversa natura del terreno che rende incerti i risultati dei tentativi di intercettazione,
per esempio in zone montagnose come quelle presidiate della 1 Armata, mentre nelle aree delle
a
altre Armate si conseguono esiti differenti: più sicuri e continui sul fronte dell’Isonzo rispetto a
quello della Carnia.
L’organizzazione del servizio è lasciata quindi inizialmente alle singole Armate e in genere,
salvo un’eccezione che vedremo tra poco, passa gradualmente dal controllo quasi esclusivo dei
Telegrafisti che effettuano le prime prove sotto il comando degli Ispettori Telegrafici d’Armata,
nelle mani degli Uffici Informazioni d’Armata, con modalità e tempi diversi nei singoli casi. Il
supporto tecnico per la realizzazione e la manutenzione delle stazioni, la fornitura di apparati,
ecc. è, in ogni caso, assicurato dall’Ispettorato Telegrafico d’Armata, mentre la preparazione
6 A. Petho, op. cit., nota 203, p.217.
7 Mario Nordio, Nel cinquantenario della Vittoria. Il telefono in trincea, Selezionando SIP, n°6, Roma,1968, pp.16-17.
425

