Page 198 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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                 la sua preoccupazione fu quella di raggiungere Mosca, non appena le autorità
                 bolsceviche ne avessero dato possibilità.
                    Finalmente il 20 marzo gli ufficiali furono tutti autorizzati a partire, tranne il
                 francese che si rifiutò ostinatamente di unirsi al convoglio. “Vi faranno la pelle
                 per la via”, ripeteva di continuo a Ferraris che cercava invano di convincerlo.
                    Il francese non aveva torto a non fidarsi del tutto. La sera della partenza,
                 quando finalmente arrivò la locomotiva e tutti gli stranieri erano in fila sulla
                 banchina, quattro guardie ungheresi ed un funzionario comparvero alla stazione
                 ed arrestarono per la terza volta Ferraris, stavolta per ordine della Commissione
                 Militare Speciale, o Ceka, l’organo di polizia cui il regime sovietico aveva affi-
                 dato la guerra ai nemici interni dello Stato. E quella alle spie straniere .
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                    Tradotto  negli  uffici  della  Ceka,  Ferraris  vi  fu  immediatamente  soggetto
                 all’ennesimo interrogatorio da parte di un funzionario degno della penna di Ar-
                 thur Koestler.

                       “Ed ecco entrare, sporco, curvo, stellato di rosso, un tipo di intellighent
                       alla russa. Era pallido ed occhialuto, naso a becco, barba incolta e persa,
                       ciuffo alla Trotzki, protervo nei gesti come più tardi nel tono della voce
                       […]. I suoi occhi correvano da me a Vigliotti, da lui a magiari e da questi
                       a quattro angoli della stanza”.

                    “L’interrogatorio cominciò secondo la prassi polizesca. Prima le richieste
                 innocue: nome cognome, età, un documento di identità prego; poi quelle più
                 insidiose: grado, volontario o richiamato, volontario per quale ragione; quindi
                 la domanda decisiva: cosa ne pensava della Rivoluzione”?

                       La domanda tendenziosa mi coglieva all’improvviso ed impreparato. […]
                       Se gli dico ciò che penso della Rivoluzione, sono spacciato; se gli affermo
                       che è un epopea, io mi degrado e lui non mi crede…Guardai Vigliotti; egli
                       nel frattempo aveva accesa la pipa e tirava giù gran boccate con gli oc-
                       chi socchiusi come dicesse «a noi non ce la fanno».«Prendiamo tempo»,
                       pensai, e risposi.
                       -Tavarisc, ripeto che sono venuto quassù per rintracciare ancora dei Re-
                       denti; non ho mai meditato sulla Rivoluzione di ottobre…e poi a che il
                       mio parere?


                 336  Fondata e diretta un anno prima da Felikis Drzezinsky, un nobile polacco che aveva abbraccia­
                    to il bolscevismo, la Ceka si era già guadagnata una meritata fama di spietatezza ed efficienza.
                    Scrupoloso, astuto, brutale, Drzezinsky darà alla sua creatura una impronta fondamentale e du-
                    ratura, tanto che ancora oggi gli appartenenti all’FSB, i servizi segreti della Federazione Russa,
                    si definiscono confidenzialmente “cekisti”.


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