Page 144 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
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LA CRISI DI CRETA - IL CORPO DI SPEDIZIONE ITALIANO (1897-1899) 135
Questi interventi di natura sociale, a favore delle popolazioni locali, accatti-
varono molto gli animi, tanto da facilitare i contatti con l'elemento indigeno.
Fonte di maggiori preoccupazioni per il comando italiano fu, invece, la
particolare situazione degli abitanti di origini turche provenienti dall'entroterra.
Essi, infatti, erano stati cacciati nel corso dell'insurrezione e privati dei loro beni.
Nonostante gli sforzi del comando italiano per il reintegro nella società cretese
dell'elemento musulmano, gran parte della popolazione turca scelse la via dell'esilio
in Turchia, avendo avuto i propri beni immobili completamente distrutti e tutti
gli altri beni razziati.
Scrive Crispo: " ... Era naturale che, non appena assunto il governo elel
settore, io prescrivessi la restituzione del maltolto ai legittimi proprietari.
Quest'ordine fu subito applicato, in mezzo alle querimonie clegli usurpatori ed
a difficoltà pratiche molto notevoli; che derivavano da questo, che i mussulmani
denunciavano bensì le usurpazioni dei beni stabili, ma poi, per lo più, non osavano
andare nell'interno, neanche sotto la protezione dei nostri distaccamenti, per
timore di maltrattamenti, a riprenderne possesso. Quanto poi agli animali (cavalli,
muli, somari, armenti) ed agli attrezzi rurali, la facilità di trafugarli da un punto
all'altro dell'isola e da un settore all'altro, rendeva molto arduo il rintracciarli ... ".
Secoli di tirannie da una parte e di ribellioni dall'altra, che avevano provocato
un numero infinito di stragi e di vendette (di fatto non vi era una famiglia
cristiana o musulmana che non contasse un qualche ucciso per opera della parte
avversa), rendevano assai improbabile la coesistenza pacifica tra gli elementi elei
due popoli. Costantinopoli, inoltre, non mancò di favorire l'emigrazione, promettendo
l'esenzione dal servizio militare ai giovani che avessero sposato una fanciulla
ll1usulmana profuga da Creta, e pagando il viaggio in nave alle famiglie turche
che intendevano abbandonare per sempre l'isola.
Dice Crispo dell'esodo: " ... H o parlato della di fficoltà che incontrai per
indurre i l11ussulmani a ritornare ai villaggi. Circa 1300 famiglie di essi erano
rifugiate alla Canea ... Cessate le ostilità fra le due parti ed impiantati i nostri
distaccamenti e stazioni cii Carabinieri, potei avviare colonne di quei profughi,
con speciali scorte, a taluni dei loro villaggi, dove, ad amor del vero, furono
ricevuti con benevolenza dai cristiani. Ma i mussulmani trovavano le loro case
dirute, gli olivi recisi, le terre disertate: e, clopo pochi giorni cii permanenza,
tornavano piangenti alle loro donne, che avevano lasciate alla Canea; e, su larga
scala, si imbarcavano su navi turche che, a prezzi vivissimi, li trasportavano fuori
dell'isola, in Anatolia ed in altre province dell'Impero".
Le truppe italiane si prodigarono non solo a favore delle genti, ma intervennero
anche sul territorio, soprattutto per migliorare le comunicazioni all'interno elcI
proprio settore di responsabilità. Importanti furono i lavori stradali: chilometri di
stracle furono ripristinati, rotabili e sentieri riattati, ricostruiti ponti, pontili ecl
approcli. In particolare, fu messo in opera un ponte di ferro sul torrente Veithias,
opera ciel tenente Stisi del 93° fanteria, con la modica spesa eli 3.000 franchi.